Stazione di Viserba, all’ex deposito bagagli raddoppia il quartier generale della vera inclusione “C’è ancora tanto da fare”
Gorini: “I nostri figli, con le loro fragilità, possiedono anche tante risorse Sono persone che hanno molto da insegnarci Sono una ricchezza e non portano via nulla”
“Per noi le persone vengono prima di ogni cosa”. Le parole della presidente di Crescere Insieme, Sabrina Gorini, sono il faro che l’associazione riminese segue da ormai vent’anni. Sin da quell’ottobre del 2004 quando, attorno a un tavolo, dieci genitori decisero di sostenersi nel compito di educare i propri figli, persone con Trisomia 21 o con disabilità intellettiva. A spingeli, il desiderio grande di costruire per loro un futuro ricco di autonomia e realizzazione sociale.
“ Abbiamo iniziato che i nostri figli non erano più piccoli, il mio aveva dieci anni”, ricorda la presidente onoraria Sabrina Marchetti. “ I servizi c’erano, ma si conoscevano poco e la fruizione era molto frammentata”, spiega. “Sentivamo il bisogno di creare dei progetti su misura della singola persona, ognuno è diverso e ha una sua specificità”.
Un metodo, quello di Crescere Insieme, che inizia prendendosi cura dei piccoli fino a farli arrivare al più alto grado di autonomia possibile. Con questa idea “ che siamo nati e continuiamo a camminare”, ribadisce Marchetti.
Cammina, cammina, l’associazione è cresciuta e i soci da dieci sono diventati cento. Anche la sede storica è cresciuta. L’ex deposito bagagli della stazione di Viserba, avuto in comodato d’uso dalle Ferrovie dello Stato, prima una metà e adesso la seconda, e restaurato a spese dei soci.
Sole e sorrisi, sabato 27 gennaio l’inaugurazione è stata una gran festa per tutti. “ Dai vostri sorrisi, vedo che questo è un momento felice”, ha notato don Daniele Giunchi, chiamato a benedire i nuovi laboratori. “ Felicità fa rima con generosità, mai con egoismo. Le vite che non hanno tempo per gli altri sono vite tristi. Quelle che sanno spendersi, donare tempo, sono vite con il sorriso. Sono vite felici. Anche Gesù ci dice: c’è più gioia nel dare che nel ricevere. Una grande sfida al mondo di oggi”.
Per le istituzioni, presente l’assessore del comune di Rimini Mattia Morolli.
“Una comunità che si è allargata, uno spazio riqualificato – commenta – Noi abbiamo un compito: il ‘dopo di noi’. Dobbiamo ragionare su una città e su come cresce. Se vogliamo essere Capitale della Cultura, dobbiamo essere prima ancora capitale dell’inclusione. Non basta la politica, non bastano i partiti, conta la sfida quotidiana. Aiutateci ad essere una città più larga dell’egoismo e grande come un abbraccio”.
C’è da dire che la richiesta di collaborazione lanciata dall’assessore con Crescere Insieme non è mai caduta nel vuoto. Sin dagli esordi, l’associazione riempie un vuoto in fatto di servizi per persone con Trisomia 21 o disabilità psichica.
Cosa è cambiato in questi venti anni? La situazione è migliorata?
“È cambiato il nostro approccio ai servizi – spiega Sabrina Gorini – Attività come logopedia o fisioterapia, già erano previste, ma venivano garantite per un periodo limitato. E se in quel tempo tuo figlio avesse appreso oppure no, non cambiava”. Da questa consapevolezza, è nata una serie di progetti. Tutti autofinanziati dai soci. “ Con le quote associative copriamo le spese per le nostre attività. I contributi pubblici ci aiutano per circa un 25 per cento sul totale”.
È autotassandosi che i genitori dei ragazzi di Crescere Insieme, in definitiva, sono di sostegno alla Asl e alla comunità riminese.
“L’Asl è piena di lavoro e non riesce a stare dietro a tutto, noi possiamo essere un supporto, garantendo attività anche per fasce di età più ampie e accogliendo i bambini sin da piccolissimi”.
Un altro tema toccato da Morolli, è quello del ‘dopo di noi’.
“Cosa faranno i nostri figli quando non ci saremo più?”. È la domanda di tutti i genitori di ragazzi fragili. La risposta sarebbe in una legge che c’è, “ma è come se non ci fosse. Il ‘dopo di noi’ è un traguardo ancora molto lontano. Come associazione abbiamo preso in affitto degli appartamenti per promuovere un progetto di convivenza. C’è un gruppo di ragazzi che è già partito e un altro che sta sperimentanto questa possibilità nei week end”.
Rispetto alla Trisomia 21 o alle disabilità cognitive, la società sta cambiando atteggiamento? È più accogliente?
“Certamente c’è maggiore apertura, ma il lavoro da fare per un’inclusione reale è ancora tanto. Soprattutto sul versante della sensibilizzazione. Spesso, infatti, di fronte a una persona disabile, ci si ferma alle sue difficoltà. A me piacerebbe venissero prese in considerazione anche per quello che di positivo possono portare”.
Cosa intende per inclusione reale?
“Che seduti uno accanto all’altro sull’autobus, ragazzi disabili e non, siano considerati allo stesso modo”.
Un tempo era abitudine di alcuni ginecologi, consigliare l’aborto di fronte a una diagnosi prenatale per esempio di sindrome di Down. Le risulta accada ancora?
“Sì, sapevo che un tempo queste cose accadevano. In merito a cosa succeda oggi, non ho elementi per fornire una risposta in tal senso. Non ne ho più sentito parlare, ma è difficile entrare in una sfera così fortemente personale”.
In occasione della Giornata della vita, domenica 4 febbraio, l’esperienza di Crescere Insieme ha tanto da dire.
“Facciamo vedere che i nostri figli, con le loro fragilità, hanno anche molte risorse, hanno da insegnarci qualcosa.
Io lo verifico continuamente con mio figlio.
Spesso mi fa notare cose a cui presa dalla frenesia quotidiana non avevo pensato. Queste persone sono una ricchezza, possono dare tanto e non tolgono nulla. Ci insegnano quell’umanità che ultimamente stiamo un po’ perdendo.
Noi viviamo in un mondo in cui tutto è calcolato e programmato, loro ci insegnano ad essere liberi da convenzioni e formalità. Spesso mi capita di pensare che se il mondo fosse tutto loro non ci sarebbe cattiveria, perché non ne hanno. Sono sinceri, diretti e spontanei. Non sono capaci di covare rancori”.