La paura e la fede. Una traversata sul mare della vita: non risulta, questa, una delle più calzanti metafore dell’avventura umana? Siamo sempre al largo. Spesso, sotto un cielo nero come il carbone cala la notte e si scatena un turbolento vento contrario. Scoppia una furiosa burrasca, e la nostra fragile barca è sballottata dalle onde. Rischiamo di colare giù a picco: chi ci potrà salvare? Dio appare così lontano, sperduto tra freddi spazi stellari. Temiamo e tremiamo, raggelati dal terrore.
Era successo anche ai Dodici, in quella notte da urlo. Gesù si precipita a soccorrerli, ma viene scambiato per un fantasma. Pietro lo sfida: “Se sei proprio tu, comandami di venire verso di te sulle acque”. Gesù accetta e lo chiama: “Vieni!”. Ma Pietro, anziché fissare gli occhi negli occhi rassicuranti del Maestro, guarda le onde schiumose che ribollono intorno alla barca, e va in panico. Lo sbaglio di Pietro è quello del piccolo bambino che sta imparando a camminare. Finché guarda la mamma che, stando davanti al suo cucciolo gli cammina all’indietro e lo incoraggia a venire oltre, il bambino trotterella, ma non cade. Ma non appena il piccolo smette di fissare la mamma e si mette a guardare dove poggiare i piedini, ondeggia e casca giù. Così è nella vita. Possiamo anche trovarci in balia delle onde, ma se “teniamo fisso lo sguardo su Gesù” e crediamo che è sempre pronto a salvarci dal naufragio, possiamo stare sereni. L’acqua rimarrà acqua, ma il piede non vi affonderà…
Credere, dunque?
Cosa significa credere? Non significa affatto non sentire la paura. Significa piuttosto non acconsentire alla paura. Credere è afferrare la mano del Maestro che ci afferra. È ritrovare la connessione con lui, perché il contatto vitale riaccenda la speranza. “Tutto è possibile per chi crede”, risponde Gesù al padre dell’epilettico. Sì, non possiamo opporre credere ad amare, come se credere fosse un atto freddo della ’scatola cranica’, e amare fosse solo questione di sentimenti ardenti e di roventi passioni. Neppure possiamo mettere in proporzione inversa fede e ragione, come se fosse vero che più si crede e meno si ragiona, e viceversa. In fondo credere è un grande amore: è fidarsi di Gesù e affidarsi a lui. Del resto rimane vero anche nella nostra ’società liquida’: “l’ultimo passo della ragione è accettare una infinità di cose che la sorpassano” (Pascal).
Un evento, anzi una persona
L’oggetto della fede non è una idea evanescente e neppure un grande valore, magari nobile, ma astratto e impalpabile, come la pace, la giustizia, la fraternità universale. Non è neppure una complicata formula teologica. È un evento, anzi una persona: Gesù di Nazaret, crocifisso, morto e risorto. Gesù stesso non annunciò un’astratta utopia. Proclamò con le sue parole e le sue indimenticabili azioni il regno di Dio, cioè la vicinanza di Dio, ricco di misericordia, per tutta l’umanità di tutti i luoghi e di tutti i tempi. Inoltre Gesù fece intendere che questa vicinanza di Dio era legata alla sua persona. Ma solo dopo la sua risurrezione i suoi discepoli compresero che Gesù non era solo l’annunciatore della vicinanza di Dio, ma era lui stesso il Figlio di Dio che si era avvicinato agli uomini. Per questo il contenuto della fede dei primi cristiani è Gesù stesso – “Gesù è il Signore, è il Messia (= Cristo) e il Figlio di Dio”.
Noi oggi crediamo basandoci sulla fede degli apostoli, perché riteniamo di poterci fidare di loro, della loro testimonianza consegnata nei vari scritti del Nuovo Testamento. Analizzando questi scritti, possiamo domandarci come i seguaci di Gesù sarebbero stati capaci di superare lo scandalo della sua morte in croce, se non fosse intervenuto un fatto nuovo e incontrovertibile – la sua risurrezione – a farli passare dalla disperazione a una ‘controffensiva’ contagiosa e vincitrice.
L’argomento decisivo
Ma non possiamo dimenticare che il migliore ’argomento’ per stabilire la ragionevolezza della fede sono i cristiani, i cristiani che anche oggi vivono con passione e gioia la loro adesione a Cristo. La testimonianza dei convertiti fornisce a questo riguardo delle indicazioni illuminanti. Come la testimonianza di Chiara e Mattia riportata sotto.
Francesco Lambiasi