Con il Covid-19 che torna prepotentemente a fare paura, anche a Rimini ci si attrezza per cercare di ammortizzare il colpo. Rimboccandosi le maniche e tenendo più di un occhio puntato ai provvedimenti nazionali costantemente in mutazione, ognuno cerca di andare avanti come deve e come può, in un clima di fragilità e totale incertezza per il futuro. Una certezza, però, c’è: la sicurezza risiede nella distanza dagli altri.
Ma ci sono settori che vivono del contatto tra le persone, del sostegno e dell’aiuto inteso come prossimità e vicinanza a chi ha più bisogno: come il Servizio Civile. Qual è la situazione dei progetti di Servizio Civile a Rimini durante questo tempo di pandemia e, più nello specifico, durante queste ultime settimane, in cui la situazione dei contagi si è aggravata ulteriormente?
Il servizio civile di Caritas
“ Le modifiche più incisive alle attività del Servizio Civile sono state fatte nella primissima fase dell’emergenza, la scorsa primavera. – illustra la situazione generale Paola Bonadonna, responsabile dei progetti di Servizio Civile della Caritas diocesana di Rimini – Una direttiva nazionale ha stabilito che entro un determinato limite di tempo gli enti avrebbero dovuto decidere se proseguire con i progetti, modificandoli per attenersi alle norme di sicurezza, o chiuderli per impossibilità dovuta al virus. Attualmente, dunque, chi ha deciso di proseguire con le necessarie modifiche ha continuato e continua ancora oggi, mentre chi ha deciso di interrompere oggi è fermo. Rimane agli enti la possibilità di modificare i progetti nei quali sono impegnati i giovani, per garantire la maggiore sicurezza possibile.
Modifiche che vanno sempre comunicate all’Ufficio nazionale”.
Per quanto riguarda i progetti di Servizio Civile della Caritas?
“ Quest’anno abbiamo solo un progetto, che è il ‘Giro Nonni’, cioè la consegna di pasti agli anziani soli della città. Noi non abbiamo interrotto il progetto, ma abbiamo modificato le modalità di svolgimento delle attività e gli orari. Le modifiche vanno nella direzione di garantire una maggiore tutela: per fare un esempio, abbiamo distribuito le ore di servizio su sei giorni invece degli originari cinque, in modo da tenere meno esposti i nostri ragazzi. Al momento i giovani da noi sono impegnati, oltre che nel ‘Giro Nonni’, nella gestione della distribuzione dei pasti in Caritas”.
Questo, dunque, il “protocollo” attuale. Per quanto si andrà avanti? C’è una scadenza?
“ Seguiamo di pari passo la situazione nazionale. Lo stato d’emergenza è stato prorogato fino al 31 gennaio e, almeno finché non riceviamo indicazioni in altro senso, andremo avanti con queste modalità finché dura l’emergenza. La linea che l’Ufficio nazionale ha voluto tenere nei confronti dei progetti è quella di incentivare ancora di più l’attività di questi ragazzi, che essendo già molto preziosa in tempi ‘normali’, assume ancora più rilevanza in circostanze di crisi come questa”.
E l’Apg23?
Un’altra realtà riminese impegnata in progetti di Servizio
Civile è la Comunità Papa Giovanni XXIII. “ Ci siamo trovati a rimodulare le nostre attività di Servizio Civile durante la cosiddetta prima ondata dell’epidemia, la scorsa primavera. – spiega Valentina Gironi, Responsabile Locale della provincia di Rimini per i progetti di Servizio Civile della Comunità Papa Giovanni XXIII, confermando la situazione generale dei progetti illustrata dalla Caritas riminese – Molte strutture della Comunità, infatti, erano chiuse e inaccessibili per le misure restrittive in vigore durante il lockdown. Ad oggi, però, la situazione è cambiata. O meglio, è tornata alla ‘normalità’: le strutture, i Centri Diurni, le Case Famiglia sono aperte e quindi anche i volontari di Servizio Civile possono svolgere le proprie attività, ovviamente mettendo in campo precisi protocolli di sicurezza anti-Covid. In sostanza, dunque, a parte i protocolli di sicurezza che valgono ovunque, tutti i ragazzi impegnati in progetti con la Comunità Papa Giovanni XXIII stanno svolgendo il proprio servizio in modo ordinario, rimanendo attivi presso i progetti che avevano scelto.
Nemmeno gli ultimi Dpcm, almeno per il momento, hanno modificato la situazione”.
Quali sono i progetti di Servizio Civile attivi presso la Comunità Papa Giovanni XXIII? E quanti ragazzi sono impegnati?
“ Sono nove volontari, impegnati in progetti legati alle persone disabili presso i Centri Diurni, servizio presso la Casa di Pronta Accoglienza Maria Maddalena dove sono accolte le ragazze vittime di tratta, e progetti in diverse strutture che da tanti anni sono attive presso la Apg23, come la Comunità Educante con i Carcerati (CEC) e le Comunità Terapeutiche.
Quest’anno non abbiamo Servizio Civile presso la Capanna di Betlemme perché non ha passato il bando, quindi non per motivi legati al Covid. Volendo sintetizzare, dunque, la situazione attuale dei progetti di Servizio Civile di Apg23 è quella di una sostanziale ‘normalità’, in cui i progetti vanno avanti in modo regolare, fatto salvo, ovviamente, il rispetto di tutte le misure di sicurezza in vigore”.
Servizio all’estero. Che succede?
La Comunità Papa Giovanni XXIII è attiva anche con progetti di Servizio Civile all’estero. Progetti che, almeno sulla carta, possono essere ancora più penalizzati dalla pandemia, dovendo tener conto della situazione generale dei contagi di diversi altri Paesi. “ Lo svolgimento di attività legate a progetti di Servizio Civile all’estero – sono le parole di Laura Milani, coordinatrice responsabile del Servizio Civile di Apg23 – è considerato tra le eccezioni che consentono lo spostamento tra Paesi. Un volontario di Servizio Civile, infatti, non è un turista, ma è un soggetto che ha un contratto con lo Stato italiano secondo il quale svolge un’attività con finalità pubblica. Nello specifico, per quanto riguarda la nostra situazione, abbiamo dei volontari che sono partiti proprio di recente, un paio di settimane fa, per Kenya e Zambia: Paesi per i quali, al momento, non sono possibili collegamenti con l’Italia ma che, proprio per la finalità pubblica dei progetti di Servizio Civile, hanno potuto accogliere i nostri volontari.
Altri nostri giovani sono partiti la scorsa estate per Grecia, Albania, Paesi Bassi e Svizzera. Ma ci sono anche progetti che sono stati chiusi, come ad esempio quelli verso l’America latina”.
Una ripartenza, quella dei progetti all’estero, che non era scontata.
“ Soprattutto per quanto riguarda i Paesi extra-Schengen, i progetti si sono ‘sbloccati’ solo di recente, dopo un lungo confronto con il Dipartimento di Servizio Civile Nazionale e il Ministero degli Affari Esteri. Noi come Papa Giovanni XXIII, in linea con diversi altri enti di Servizio Civile all’estero, partiamo da un presupposto fondamentale: se il Servizio Civile è difesa civile non violenta, e lo è anche all’estero perché promuove i diritti umani, la pace tra i popoli e la solidarietà internazionale, allora è fondamentale garantire lo svolgimento dei suoi progetti soprattutto in situazioni di crisi globale come questa, ovviamente con tutte le valutazioni del caso sul tema sicurezza. Va però detto conclude Laura Milani – che questa è la situazione attuale, che è in continua mutazione: tra qualche settimana occorrerà continuare a fare le dovute valutazioni, guardando a come si evolverà la situazione generale dell’emergenza nei vari Paesi. Una situazione fluida in costante evoluzione, che va monitorata”.