Si chiama Noa. Che per esteso significa Nucleo Operativo Aziendale per la Continuità Assistenziale. Si tratta di un progetto sperimentale voluto dall’Ausl di Rimini e volto a dare una risposta ai bisogni di pazienti, in continua crescita, ricoverati in ospedale e portatori di problemi sanitari e sociali di elevata complessità e con patologia cronica. Questi pazienti, usciti dalla fase della malattia per cui è necessario il ricovero in reparti per acuti, non sono nelle condizioni di essere semplicemente dimessi e inviati al loro domicilio. Hanno, invece, bisogno di un percorso ad hoc che può prevedere il trasferimento in una struttura post-acuti o di lungodegenza, o piuttosto la dimissione protetta, cioè il rientro al loro domicilio ma attivando una rete di sostegno e di assistenza. E proprio la continua e crescente domanda di percorsi di protezione, dovuta anche all’invecchiamento della popolazione, ha fatto sì che da via Coriano si progettasse un ulteriore strumento volto a rafforzare la rete dei servizi già esistenti.
“Il Noa è costituito da un’équipe multiprofessionale – spiega Mirco Tamagnini del coordinamento sociale dell’azienda riminese – comprendente un medico geriatra, un infermiere, un responsabile delle attività assistenziali e un assistente sociale. È collocato fisicamente all’interno dell’ospedale di Rimini ma risponde ai bisogni dei presidi nei due Distretti, è funzionalmente dipendente dal Dipartimento di Cure Primarie ed è unico a livello aziendale. Essendo finalizzato ad accompagnare il paziente nelle fasi di passaggio da un contesto di cura all’altro, svolge una funzione di supporto tecnico per le unità operative e facilita la continuità assistenziale dal contesto ospedaliero a quello territoriale anche con un eventuale passaggio attraverso strutture intermedie con caratteristiche di minore intensità sanitaria”.
Un fenomeno quello delle domiciliazioni protette in continuo aumento: lo scorso anno i pazienti segnalati dagli ospedali della provincia sono stati oltre duemila, di cui per il 60 per cento sono stati creati percorsi ulteriori di raccordo con i servizi territoriali competenti.
“Rispetto ai dati numerici bisogna sottolineare che i duemila pazienti segnalati per le domiciliazioni protette sono una parte di quelli seguiti con assistenza domiciliare che, complessivamente, ammontano a 4.600. Di questi, il 35 per cento ha meno di 80 anni; il 25 per cento ha tra 80 e 84 anni, il 20 per cento tra 85 e 89 anni e il restante 20 per cento ha più di 89 anni. Queste persone sono seguite con varie modalità che vanno dall’assegno di cura (la cui entità complessiva è raddoppiata nel 2007) all’assistenza infermieristica a domicilio, all’ausilio per le funzioni di base. Proprio per questo nel 2008 sono state programmate azioni specifiche a sostegno della domiciliarità e un potenziamento dei posti presso strutture residenziali e semi residenziali”.
Naturalmente un ruolo fondamentale in questi casi lo riveste la famiglia.
“Certamente – sottolinea la responsabile del nuovo servizio, Elisabetta Silingardi – quando vi è la presenza della famiglia che possa comunque dare un supporto, soprattutto nei casi dei pazienti più anziani, questo fa propendere di più la scelta di cura verso una domiciliazione protetta, rispetto alla collocazione della persona in istituto. E comunque in provincia, entro l’anno, arriveranno a circa 170 i posti in strutture intermedie dedicate a questo servizio”.
Un servizio quello del Noa abbastanza innovativo, fermo restando che in altre realtà anche emiliano romagnole viene ugualmente svolto, con modalità diverse.
“Al Noa – conclude la dottoressa Silingardi – arriveranno, da un lato le richieste delle varie Unità Operative relative a pazienti bisognosi di essere seguiti dopo la fase acuta, dall’altra il quadro, aggiornato quotidianamente, dei posti letto presenti nelle Strutture Intermedie e le disponibilità dell’assistenza domiciliare, in modo da poter raccordare in maniera precisa ed omogenea, i bisogni con le disponibilità, costruendo il progetto più adatto per ogni singolo paziente”.
Proprio su questo raccordo ha insistito anche il Direttore sanitario di via Coriano, il dottor Saverio Lovecchio.
“Quello che mi preme sottolineare è che anche prima del Noa questi pazienti venivano seguiti dalla nostra azienda, visto che l’assistenza domiciliare a Rimini esiste dal lontano 1990. La grande differenza sta nel raccordo che ora c’è tra le varie unità, cosa che prima non esisteva. E già che ci siamo mi piace sottolineare anche un altro aspetto, ossia che questo servizio si avvale anche di strutture private e di privato sociale”.
Ultimi, ma non ultimi, a essere coinvolti in questo nuovo progetto saranno i medici di famiglia.
“Che avranno in realtà un ruolo fondamentale – spiega la dottoressa Lorena Angelini, Direttore del dipartimento di cure primarie – perché chiederemo a tutti loro di prendersi in carico questi pazienti in maniera più completa possibile”.
Francesco Barone