Le difficoltà della vita odierna possono mettere a dura prova la salute di una comunità. Famiglie che si dividono fra molti impegni per gestire le attività dei figli, oltre alle proprie; anziani che per questo rimangono più spesso soli; condomini e quartieri dormitorio in cui non si conosce nemmeno chi abita nei pianerottoli a fianco. Prigionieri delle proprie vite come dei propri alloggi. L’assenza di rapporti umani facilita tensioni e liti. Per far fronte a questo scenario si è sviluppata in Italia e in Europa la pratica dei condomini solidali dove gli abitanti sono chiamati a partecipare attivamente alla gestione degli spazi e all’organizzazione di attività comunitarie. Uno dei massimi esperti italiani del tema è il prof. Andrea Canevaro, docente di Pedagogia all’Università degli Studi di Bologna, recentemente insignito della cittadinanza onoraria di Rimini, che sta sorvegliando il processo di incubazione del co-housing a Gaiofana.
Professore, in cosa consiste il condominio solidale?
“Nel mettere insieme i bisogni e cercare di darvi una risposta collettiva e non individuale. Questo offre vari vantaggi oltre al risparmio, come conoscersi, aprirsi, accrescere la fiducia negli altri e non credere che attorno vi sia solo chi non ci capisce. Bisogna lavorare insieme e superare le antipatie istintive in modo da far nascere solidarietà non selettive; anche chi non ha soldi capirà che essere solidali conviene. L’empatia è un seme che va fatto crescere attraverso un percorso, e a Gaiofana lo stiamo intraprendendo. Il motto è: essere solidali conviene”.
Perché nell’uomo è così forte il bisogno degli altri?
“L’accoglienza delle persone è una tradizione che risale ai tempi in cui le popolazioni stabili non sapevano cosa vi fosse al di là della montagna, eppure si ritrovavano a dare ospitalità ai viaggiatori. Allo stesso modo nelle comunità oggi ciascuno deve essere portatore di notizie; bisogna dire ciò che si sa fare e metterlo a disposizione di tutti”.
Altre esperienze a cui ispirarsi?
“A Bologna hanno adottato l’assistenza per anziani comunitaria anziché individuale, così ci si dividono le spese. La cosa ha funzionato. La stesso è stato fatto per i bambini con i micronidi, oppure dividendosi i turni per andarli a prendere a scuola. Le giornate possono essere organizzate in maniera tale che tutti danno e ricevono qualcosa. La maggior parte dei progetti italiani, però, sono nati prima della crisi ed avevano una componente più vocazionale…”.
Poi è arrivata la crisi e questo modello di condivisione delle risorse sembra ancor di più calzare a pennello…
“Proprio così. Il condominio solidale può essere una risposta alla crisi. Essere individualisti non conviene mai, soprattutto in tempi come questi. Con la crisi dobbiamo tirare fuori il meglio di noi, mettere insieme le risorse. Fare rete!”.
>Mettere insieme degli sconosciuti, però, non dev’essere facile…
“All’inizio c’è diffidenza. L’importante è imparare che non bisogna andare solo d’accordo con coloro che la pensano allo stesso modo, ma anche con chi non si è abituati a frequentare. Non bisogna creare isolette, ma continenti”.
Un esempio pratico per Gaiofana?
“In molti si lamentano per l’assenza di una farmacia, quando nelle vicinanze ce ne sono diverse. Basterebbe lamentarsi di meno e reagire in positivo, organizzando le commissioni: uno va per tutti. Bisogna cambiare direzione; non solo dire cosa c’è che non va”.
Come sta andando il percorso con la gente del forese?
“Molto bene. Dalle 20 persone del primo incontro abbiamo raddoppiato col secondo e contiamo di aumentare. Talvolta il tam tam è più convincente dei volantini, perché permette di fidelizzare le persone. Ciascuno diventa un agente attivo, anziché essere un consumatore passivo. Nel prossimo appuntamento dedicheremo un’ora al fare i biscotti e un’ora nell’imparare nozioni sul risparmio energico in casa. Ci dedichiamo alla pratica quotidiana”.
Mirco Paganelli