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Con il Vangelo nelle periferie esistenziali

L’Esortazione apostolica di Papa Francesco è un forte invito a mettersi in ascolto del grido dei poveri. Dai dati raccolti dall’Osservatorio della Caritas emergono chiaramente alcune realtà:
– Si allungano le file ai Centri di Ascolto Caritas, crescono gli italiani, sempre più famiglie hanno bisogno di aiuto per la sopravvivenza…
– Manca il lavoro quindi aumenta la disoccupazione (la metà dei giovani non ha prospettive occupazionali), cresce la povertà economica, aumentano i senza casa, anche il ceto medio è sempre più toccato dal disagio sociale…
– Povertà antiche aggravate dalla crisi, ma anche volti nuovi: immigrati di seconda generazione, i profughi di nuove rotte, i giovani, genitori separati, persone dipendenti dal consumo, disagi psichici…
– Problemi legati a isolamento, solitudine, mancanza di affetto, carenza di punti di riferimento, ricerca affannosa di senso per la propria vita, depressione, guerra fra poveri…( cfr EG 52 )

Le Cause sono soprattutto di carattere culturale:
– “ Si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti, avanzi”.” ( EG 53)
– “…Si è sviluppata una globalizzazione dell’indifferenza”. Quasi senza accorgecene, diventiamo incapaci di provare compassione dinanzi al dolore degli altri, non piangiamo più davanti al dramma degli altri né ci interessa curarci di loro, come se tutto fosse una responsabilità a noi estranea che non ci compete” ( EG 54).

All’origine della crisi finanziaria attuale vi è una profonda crisi antropologica: la negazione del primato dell’essere umano.
– Creazione di nuovi idoli: feticismo del denaro, dittatuta di un’economia senza volto, consumismo come bisogno assoluto, difesa dell’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria, corruzione ramificata, evasione fiscale egoista, brama del potere e dell’avere senza limiti; interessi del mercato come regola assoluta anche contro l’ambiente e il bene comune.
– Solo l’etica può creare un equilibrio e un ordine sociale più umano. “ Non condividere i propri beni con i poveri significa derubarli e privarli della vita”. (Crisostomo).
Il denaro deve servire e non governare!
– Fino a quando non si eliminano l’esclusione e l’inequità nella società e tra i diversi popoli sarà impossibile sradicare la violenza e garantire la sicurezza. Il sistema sociale ed economico è ingiusto alla radice.

Come fare per combattere quella che il Papa ha chiamato “la cultura dello scarto”?
Il punto di partenza non può che essere una rinnovata coscienza missionararia di una Chiesa che si pensa in continuo atteggiamento di ascolto, di condivisone, di annuncio: una Chiesa in uscita.
– Occorre “uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo” ( EG 20).
– “ La Chiesa in uscita è una Chiesa con le porte aperte. Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane non vuol dire correre verso il mondo senza una direzione e senza senso. Molte volte è meglio rallentare il passo, mettere da parte l’ansietà per guardare negli occhi e ascoltare, o rinunciare alle urgenze per accompagnare chi è rimasto al bordo della strada” ( EG 48).
– “Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze…mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: voi stessi date loro da mangiare” (EG 49).
– È necessario “ avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una semplice amministrazione” (EG 25).

Il secondo passaggio non può che essere quello del “ Discernimento evangelico:“ Esorto tutte le comunità ad avere una sempre vigile capacità di studiare i segni dei tempi”(EG 51).
– “ È interessante che la rivelazione ci dica che la pienezza dell’umanità e della storia si realizza in una città (cfr Ap 21,2-4). Abbiamo bisogno di riconoscere la città a partire da uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze. Egli vive tra i cittadini promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia”(EG 71).
– “D’altra parte, vi sono cittadini che ottengono i mezzi adeguati per lo sviluppo della vita personale e familiare, però sono moltissimi i “non cittadini”, i “cittadini a metà” o “gli avanzi urbani” (EG 74).
– “La comunità evangelizzatrice si mette mediante opere e gesti nella vita quotidiana degli altri; accorcia le distanze, si abbassa fino all’umiliazione se è necessario, e assume la vita umana, toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo. Accompagna l’umanità in tutti i suoi processi, per quanto duri e prolungati possano essere” ( EG 24).
Di qui la necessità di “studiare i segni dei tempi” dei nostri territori e aiutare a cogliere i valori presenti nella crisi di oggi?

Il terzo punto è quello dell’educarci ad una cultura della Solidarietà, della sussidiarietà e della giustizia.
– “Evangelizzare è rendere presente nel mondo il Regno di Dio. Se la dimensione sociale dell’evangelizzazione non viene debitamente esplicitata, si corre sempre il rischio si sfigurare il significato autentico e integrale della missione evangelizzatrice” (EG 176). Il “kerigma” possiede un contenuto ineludibilmente sociale: nel cuore stesso del Vangelo vi sono la vita comunitaria e l’impegno con gli altri”(EG 177).
– “Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri, in modo che essi possano integrarsi pienamente nella società… La mancanza di solidarietà verso le necessità del povero influisce direttamente sul nostro rapporto con Dio”(EG 187).
– La solidarietà “non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine e lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il Bene Comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perchè tutti siamo veramente responsabili di tutti” .(SRS 38).
– La solidarietà senza la sussidiarietà scade nell’assistenzialismo che umilia, la sussidiarietà senza la solidarietà scade nel particolarismo sociale (cfr CV 58).
– “Dà fastidio che si parli di etica, di solidarietà mondiale, di distribuzione dei beni, di difendere i posti di lavoro, della dignità dei deboli, di un Dio che esige l’impegno per la giustizia” (EG 203).
– “Dov’è il tuo fratello schiavo? Dov’è quello che stai uccidendo ogni giorno nella piccola fabbrica clandestina, nella rete della prostituzione, nei bambini che utilizzi per l’accattonaggio, in quello che deve lavorare di nascosto perché non è stato regolarizzato?”(EG 211)
Anche su questo punto è necessario una conversione pastorale e culturale: mettere insieme assistenza e solidarietà. E un compito: educare all’impegno sociale e politico e stimolare i politici.

Caritas Diocesana