Commercio – Il bilancio delle tre province romagnole dal 2010 al primo trimestre 2017. Si stima la perdita di oltre 3.600 posti di lavoro. E per i grandi Iper e supermercati non è andata meglio: se ne è andata più della metà.
Nel 2016, secondo il Rapporto 2016 sull’economia regionale di Unioncamere, la spesa per consumi finali delle famiglie emiliano-romagnole sarebbe aumentata (+1,5%), ma su ritmi più lenti rispetto alla crescita dell’1,8% del 2015. Per l’anno in corso (2017) si prevede una crescita dei consumi regionali dell’1,2%; spesa che li riporterà, se tutto andrà bene, ai livelli pre- crisi. Cosa vuol dire tutto questo? Che per un decennio le famiglie non hanno avuto un euro in più da spendere. Questo, come è facile immaginare, ha avuto conseguenze sulla rete commerciale di tutte le province. Rimini, dal 2010 al primo trimestre 2017, ha perso, tra ingrosso e dettaglio, 356 attività commerciali, Forlì-Cesena 445, Ravenna 401. In totale, le tre province della Romagna hanno lasciato sul terreno 1.202 attività commerciali, in poco meno di sette anni. Nel resto d’Italia è andata anche peggio. Ad una media, per la Romagna, di tre addetti per attività, vuol dire che sono andati persi 3.606 posti di lavoro. Dal 2008, quando è scoppiata la crisi, ancora di più. For- se, qualcuno, è andato in pensione, ma tanti sono rima- sti senza lavoro.
La grande distribuzione organizzata non sta meglio. Nel periodo 2010-2015, le grandi strutture con superficie di vendita (alimentari e non) superiore a 2.500 mq. sono scese da 8 a 3 in provincia di Rimini, da 12 a 6 a Forlì-Cesena e da 7 a 4 a Ravenna. Hanno perso ancora di più i supermercati (da 400 a 2500 mq. di superficie vendibile) che si sono più che dimezzati in tutte le province della Romagna.