La Chiesa italiana – e dunque anche quella riminese – come si sostiene? Si regge sui finanziamenti dello Stato o grazie al foraggiamento del Vaticano? La domanda è più che legittima, e la risposta non è affatto scontata. La trasparenza, anche in questo caso, aiuta. E spazza via pregiudizi, falsità e notizie incomplete. “Da oltre 20 anni sono referente per la Diocesi di Rimini dell’8xmille e di Sovvenire: parlare ad un convegno di queste tematiche è molto importante” faceva notare don Agostino Giungi sabato scorso in occasione dell’incontro dei Consigli per gli Affari Economici della Diocesi di Rimini, ospitato nella nuova Sala di Comunità di San Lorenzo in Correggiano.
“L’economia della Chiesa Italiana può essere paragonata ad una casa che ha un tetto e conta quattro pilastri: – prosegue don Giungi – il tetto è lo scopo unico per il quale la Chiesa esiste: l’evangelizzazione e la promozione dell’uomo e della società per il Regno di Dio”. I pilastri sono i mezzi che consentono al tetto di svolgere la sua funzione. Questo poker comprende: 1. La Diocesi; 2.
L’Istituto Sostentamento del clero /8xmille; 3. Le singole parrocchie; 4. Gli enti religiosi (seminario, confraternite etc).
Come ogni famiglia, la Diocesi vanta entrate e fa fronte a tante uscite. Se le entrate sono “garantite” da 8xmille, alcuni affitti (sempre più esigue), qualche donazione, offerte liberali e tasse ecclesiali, le uscite a cui deve far fronte sono riferite a restauri, nuove costruzioni di culto e per la pastorale, alla carità (l’attività variegata della Caritas, ad esempio), i contributi alle singole parrocchie, l’attività e la vita della Diocesi.
Meno conosciuto, anche tra i fedeli, è l’Istituto per il Sostentamento del Clero, che anche in Diocesi a Rimini ha un suo ufficio e una struttura con presidente, vice e consiglio di amministrazione. Le entrate di tale Istituto sono dovute a 8xmille, locazioni, donazioni e offerte. E le uscite? L’Istituto si occupa di garantire uno stipendio ai sacerdoti (35.000 in tutta Italia, circa 150 in Diocesi) e ai Vescovi , la manutenzione del patrimonio immobiliare e i contributi a opere di carità nazionale e internazionale.
“Rimini interviene su questo punto in maniera periodica e congrua”garantisce don Agostino.
E le singole parrocchie? Più o meno funzionano come i due “enti” precedenti. Le entrate sono garantite da offerte, locazioni (pochissime: terreni, appartamenti), donazioni e attività e vita della parrocchia. Le spese da fronteggiare sono relative alla gestione, i restauri, le nuove costruzioni di culto e per la pastorale, la carità, contributi ad associazioni parrocchiali, attività e vita della parrocchia stessa.
Gli enti religiosi si differenziano dagli altri tre pilastri, perché alla voce “entrate” possono aggiungere il reddito da lavoro proprio, e nelle uscite lo stipendo ai dipendenti laici.“Gli enti religiosi sono a servizio della vita della Chiesa. – aggiunge l’Economo Diocesano, don Danilo Manduchi – Seminario, Istituto Superiore Scienze Religiose, ma anche IcaroTv, ilPonte non hanno scopo di lucro (pur dovendo stare sul mercato commerciale e pagarsi i costi di gestione).
Essi esistono perché pensati e voluti dagli organismi pastorali della Chiesa riminese e italiana”.
L’Economo affronta con responsabilità il tema dei conti della Chiesa riminese: “Abbiamo la consapevolezza che ogni euro nella Chiesa deve essere speso per il bene della gente – insiste don Manduchi – per sostenerne la speranza e la gioia, attraverso l’evangelizzazione e la liturgia, per sostenerne la vita concreta, attraverso la carità; per sostenerne la concreta possibilità di tutto questo attraverso strutture indispensabili ed essenziali”.
E la Chiesa riminese? Rilancia don Giungi: “Più ogni realtà è autosufficiente, Diocesi ma anche ogni singola parrocchia ed ogni sacerdote, meno costa alla famiglia più grande che è la Chiesa italiana nel suo complesso”.