Colonie: un tuffo nel passato!

    C’era una volta la colonia. Una buona colazione al mattino, giochi, bagni di mare, escursioni, attività di recitazione, danza e animazione serale. Ma chi l’ha detto che i bambini in colonia non ci volevano andare?
    L’esperienza della colonia marina, che ha caratterizzato il passato della nostra riviera, ha cambiato il suo aspetto più volte nel tempo, in base al periodo storico. Oggi, le colonie sono diventate le vaste strutture che vediamo passando in auto, in particolar modo, sul lungomare tra Rimini e Riccione, o verso Bellaria Igea Marina. Alcune in fase di recupero, altre ancora abbandonate.
    Non vogliamo toccare questo aspetto di cui si è già tanto parlato. Andiamo a curiosare, invece, all’interno di questi ruderi rievocando scene di un tempo. Come passavano le ore i bambini lì dentro e cosa rappresentava per loro la vacanza in colonia?

    1804: a Rimini era già colonia?
    Come nasce e si sviluppa il fenomeno delle colonie marine?
    Secondo alcuni scritti un primo esempio di colonia si ebbe già a Rimini nel 1804 e sicuramente l’Ottocento fu il secolo della scoperta del clima marino come toccasana per molte malattie dei più piccoli. “Una squadra di medici capeggiati da Giuseppe Barellai aveva scoperto che il soggiorno marino e un ciclo di bagni erano un toccasana per la scrofola e le malattie tubercolari, che affliggevano tanta parte della popolazione infantile dell’Italia postunitaria per una pressoché cronica quanto diffusa carenza alimentare” così Ferruccio Farina nel suo Una costa lunga due secoli (Panozzo Editore).
    Bambini al mare per guarire, dunque. In seguito, durante il regime fascista, il fenomeno prese un’altra piega e vide la sua vera espansione, con la costruzione degli imponenti edifici che sono ancora sotto i nostri occhi. La Novarese, ad esempio, che aveva 900 posti letto, oggi in corso di recupero nell’ambito del progetto Città del benessere o la Bolognese che aveva ben 2mila posti letto ed è attualmente, sempre in zona Miramare, recintata ma in evidente stato di abbandono.
    Fu, quella delle colonie, in questa epoca, una politica basata sul rinvigorimento fisico e il rafforzamento della razza. Nei ricordi dei più anziani vi sono file di bambini che eseguono sulla spiaggia esercizi ginnici, godendo dei benefici del sole e dell’aria di mare. Dopo la guerra le colonie persero il loro motivo di attrazione. Quelle che rimasero attive però assunsero un carattere più educativo e meno rigoroso. Non più ordini impartiti col fischietto ma un rapporto confidenziale con gli educatori e un’esperienza in cui imparare a rapportarsi con gli altri.
    In genere i bambini avevano dai 6 anni in su e provenivano da diverse città e paesini d’Italia. Dopo la colazione, la mattinata era dedicata ai giochi in spiaggia, con un educatore che promuoveva giochi con la sabbia o attività motorie, permettendo di sottoporsi alla cura elioterapica senza restare immobili. Il bagno avveniva sotto gli occhi vigili del bagnino. Dopo il pranzo alcune ore erano dedicate al riposo che non significava obbligatoriamente dormire: chi voleva poteva scrivere a casa, leggere ecc. Poi la merenda e ancora attività dentro o fuori la struttura. Erano previste pure gite nell’entroterra riminese alla scoperta dei castelli. Dopo la cena ancora animazione e feste.

    Prove di autonomia
    La vacanza al mare rappresentava per molti bambini la prima occasione per staccarsi dalla famiglia e vivere un’esperienza in autonomia, con persone al di fuori del proprio ambito quotidiano.
    Senza esaltare un’esperienza del passato che ha avuto i limiti che i periodi storici le hanno conferito, non bisognerebbe interrogarsi sul presente?
    Cosa c’è oggi al posto degli antichi soggiorni marini? Quali occasioni hanno i bambini oggi per vivere le loro prime esperienze lontano da casa?
    La colonia era poco amata dai bambini che poi però si divertivano, esprimevano la loro creatività nelle varie attività. Ora se si staccano da mamma e papà fanno campeggi con la parrocchia (anche qui vi sono tante attività interessanti) o vanno a studiare l’inglese. Forse vi sono altri spazi da esplorare nel mercato delle vacanze. Ora che vanno di moda le vacanze creative, del tipo fare mosaico in un casolare in Toscana, potrebbero aprirsi scenari simili anche per i più piccoli, magari in grandi strutture vicine al mare, una sorta di moderne colonie. Ve ne sono diverse che speranzose attendono il recupero, aperte, piene di rovi, scheletri di memorie passate che potrebbero ritrovare le grida gioiose dei bambini. Un po’ poetico certo, ma impossibile?

    Silvia Ambrosini