La fede cristiana non è un’invenzione. È basata sui fatti, dunque legata a luoghi. È il cuore del messaggio del vescovo Lambiasi durante tutto il pellegrinaggio in Turchia, sulle orme di San Paolo. Cappadocia, Asia, Frigia, Antiochia, Efeso, Smirne, e le altre chiese dell’Apocalisse, sono regioni e città dell’attuale Turchia. Dopo la Palestina, è qui che un cristiano può ritrovare le radici della sua fede. È qui che i pellegrini riminesi hanno riascoltato l’eco della predicazione degli Apostoli e riletto, anche visivamente, tante pagine del Nuovo Testamento.
Antiochia, un’isola felice
Dei tempi di Paolo e dei primi cristiani poco è rimasto, eppure tutto qui è cominciato. La Turchia è la Terra Santa della Chiesa. Il pellegrinaggio dei riminesi sulle orme di San Paolo non poteva che cominciare ad Antiochia sull’Oronte, la città più a sud della Turchia, centro di propulsione apostolica, dove per la prima volta, i discepoli di Gesù furono chiamati cristiani. Il Vescovo ha celebrato messa nel convento dei cappuccini, nel cuore del quartiere musulmano sunnita. “La missione dei cristiani – ha detto il Verscovo nell’omelia – è ancora oggi la stessa che fu affidata da Dio a Paolo più di duemila anni fa: evangelizzare. Ogni cristiano è un missionario altrimenti è dimissionario”. Siamo nel convento dei cappuccini di padre Domenico Bertogli. Da 40 anni missionario in terra turca, cerca di mantenere accese le fiammelle della cristianità che qui hanno avuto origine. Da 20 guida la comunità cristiana composta da circa 70 fedeli. Nonostante le difficoltà, nel ’92 ha aperto un ufficio Caritas in collaborazione con la Chiesa ortodossa, con la quale è riuscito ad instaurare un rapporto di rispetto e dialogo reciproco. Padre Domenico ha creato un sito internet in italiano, inglese e turco, dove ogni giorno racconta la vita e le difficoltà dei cristiani cattolici in Turchia. Il sito non segue solo il minuscolo gregge locale, ma spazia oltre l’ombra del campanile. Padre Domenico si è fatto “turco con i turchi”, atteggiamento che gli ha consentito di mantenere quell’armonia civico-religiosa che ha fatto (e fa) di Antiochia un’isola felice in tutta la Turchia. Si respira un’atmosfera che non si trova in nessun altro luogo cristiano sopravvissuto alle invasioni: tra i vicoli della città si trovano le orme di scene e fatti lontani e, nel triangolo interreligioso, al centro della vecchia città, si concentrano la chiesa cattolica, la sinagoga, la moschea e la chiesa ortodossa. Terminata la funzione, sul vicolo, gli abitanti del quartiere si affacciavano per salutare padre Domenico. Antiochia, che sembra fuori d’ogni nostra geografia, più che dei suoi abitanti, è dei pellegrini di tutto il mondo. La comunità cattolica vive in compagnia di fratelli che arrivano in cerca delle radici cristiane che qui affiorano come i bambini che abbiamo lasciati là, a correre, con i loro intensi occhi scuri e sorridenti, nei vicoli di Antiochia.
A Tarso, patria di san Paolo
Il secondo giorno, i pellegrini riminesi sono giunti dove nacque San Paolo, la città di Tarso. Il vescovo Francesco ha celebrato messa nella chiesa/museo dedicata all’Apostolo delle genti, col permesso accordatoci dallo Stato. La conversione, l’incontro con Cristo, è stata al centro dell’omelia del Vescovo.
A Tarso, nel quartiere in cui viveva la comunità ebraica, oggi convivono a pochi passi l’una dall’altra la chiesa dedicata all’Apostolo delle genti, e la moschea. Della casa di Saulo rimane un pozzo romano chiamato “pozzo di San Paolo” che però non ha alcun legame storico, né religioso, con il santo e viene perlopiù sfruttata come attrazione turistica per i pellegrini cristiani.
La Cappadocia, patria dei Padri della Chiesa
Al centro della terza giornata la famiglia. Nel villaggio di Mustafa Pasha, in Cappadocia, nella chiesa dedicata a Costantino ed Elena, sua madre, l’unica chiesa che non è mai stata trasformata in moschea, le coppie di sposi sono state chiamate a rinnovare la loro promessa e ad imitare l’esempio di Aquila e Priscilla, due coniugi giudeo-cristiani, molto cari all’apostolo Paolo per la loro fervente collaborazione alla causa del Vangelo. I due sposi, malgrado l’apparente semplicità, sono da considerare dei veri giganti della fede. Il Nuovo Testamento ci presenta Aquila e Priscilla sempre insieme. La loro casa probabilmente diventò un “centro di studi biblici” ad Efeso, dove restarono per due anni. Così quando l’apostolo Paolo ritornò ad Efeso, trovò in casa loro, “l’embrione di una delle più belle chiese del tempo”. Giornata speciale per il Vescovo che proprio in questo giorno (25 settembre), festeggia 38 anni di ordinazione.
Il viaggio dei pellegrini è proseguito sull’Altopiano Anatolico alla scoperta delle sue meraviglie naturali. La Cappadocia per i cristiani è soprattutto la patria dei padri della chiesa. Come risultato di un’intensa migrazione cristiana, nell’ottavo secolo l’altopiano a 1.000 metri d’altitudine, è stato dapprima rifugio di anacoreti ed eremiti cristiani, poi di intere popolazioni. La zona si è trasformata in uno straordinario universo rupestre. La più popolata era la valle di Göreme, uno dei più importanti centri religiosi dell’Anatolia, dove sono state censite 365 chiese, alcune delle quali splendidamente affrescate. Il Parco Nazionale di Göreme è Patrimonio mondiale dell’UNESCO.
Nell’antica Iconio
Konya è l’antica Iconio della predicazione paolina. 800.000 abitanti, è una ricca città commerciale ed è la più islamica della Turchia. Qui, infatti, il mistico musulmano Mevlana, contemporaneo di San Francesco D’Assisi, fondò il movimento dei Dervisci. Una setta islamica che si serve di una musica particolare, detta ’sufi’, per le sue caratteristiche spirituali e meditative, che aiuterebbe i credenti ad avvicinarsi a Dio. Il rituale prevede una danza rotatoria dove la mano sinistra è abbassata verso terra, mentre la destra è girata verso il cielo. Il danzatore diviene così il medium tra terra e cielo. In questa città, Paolo e Barnaba subirono una durissima opposizione. Il Vescovo ha celebrato messa nella chiesa di San Paolo, dove oggi due suore custodiscono, oltre alla loro, la fede di un solo cristiano.
Ad Efeso, nella casa di Maria
Tappa del quinto giorno del pellegrinaggio è Efeso, dove l’Apostolo fondò la prima comunità di cristiani dell’Asia Minore. Una delle tappe più significative del viaggio. Là dove un tempo sorgeva la città, oggi ci sono i resti della basilica dell’apostolo Giovanni che qui fu sepolto. Restano molte imponenti testimonianze come la biblioteca di Celso e il teatro, fulcro della vita economica, culturale e politica, che poteva contenere oltre 25mila persone. Visita obbligata alla basilica del terzo Concilio, dove nel 431, fu riconosciuto il dogma della divina maternità di Maria. E proprio a lei è dedicato il momento più toccante della giornata. Salita la collina degli Usignoli, a pochi chilometri da Efeso, c’è la casa di Maria. Prima di spirare sulla croce, Gesù affidò sua madre all’apostolo Giovanni, che la portò con sé ad Efeso. In una modesta casetta, oggi custodita dai frati cappuccini di Parma guidati da padre Oriano Granella, Maria rimase, secondo la tradizione efesina, fino ai suoi ultimi giorni. Secondo un’altra versione invece, vi restò per tre anni, prima di tornare a Gerusalemme. Non importa quanto, ma questo luogo “odora di mamma”, ed entrarci è come entrare in un abbraccio che non può lasciare indifferenti. Il Vescovo vi ha celebrato messa. Al termine, ha recitato una lettera scritta da lui, in cui si è immaginato il testamento della mamma di tutte le mamme. Qui, i pellegrini hanno vissuto un momento molto intenso.
A Smirne, città dell’Apocalisse
Nel sesto giorno in Turchia, a Izmir, sulle colline dove anticamente sorgeva Smirne, una delle sette chiese dell’Apocalisse, Messa nella chiesa di san Policarpo, che di questa città fu vescovo e martire. Qui l’Arcivescovo Metropolita Ruggero Franceschini, ha salutato i pellegrini e raccontato la difficile situazione che vive la chiesa cristiana in Turchia: “Questi luoghi erano deserti poco tempo fa. Anche la Basilica di San Policarpo era in condizioni pietose. L’abbiamo ristrutturata ed è stata aperta al pubblico. Così i cristiani di tutto il mondo hanno riscoperto queste terre dove si sente fortissimo lo spirito della prima chiesa”.
Costantinopoli oggi Istanbul
Lasciate le orme di san Paolo il viaggio dei pellegrini non sarebbe stato completo senza la visita ad Istanbul, metropoli di oltre 12 milioni di abitanti, la più popolata della Turchia, che conserva testimonianze uniche della cristianità e in cui si mescolano oriente ed occidente. La particolarità unica di Istanbul, antica Costantinopoli, è il fatto di essere crocevia delle grandi confessioni monoteiste. Ad Istanbul è possibile trovarsi nella piazza di Sulthanahmet I con la Moschea blu a lui dedicata da una parte e l’imponente basilica di Santa Sofia, fatta costruire da Costantino dall’altra, esattamente l’una di fronte all’altra. Lo Stato turco, fondato da Mustafa Kemal Ataturk nel 1923, si dichiara istituzionalmente laico. Tuttavia è impossibile non citare la grande questione dell’Islam con l’esplosione dell’integralismo dopo l’11 settembre, che è implicitamente anche uno dei motivi che rallenta l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea. Qui, i cristiani incontrano difficoltà quotidiane nella professione della fede. Ad Istanbul, il vescovo Lambiasi ha celebrato messa per l’unità dei cristiani nella cattedrale di Santo Spirito.
Il ritorno
Ultima tappa del viaggio sul Promontorio del Serraglio tra il Corno d’Oro e il Mar di Marmara, il palazzo di Topkapi residenza dei sultani ottomani e palazzo del governo per quasi quattro secoli dal 1465. Ma è giunto il tempo del ritorno a casa. Dalla Turchia ripartiamo rinnovati nel desiderio della testimonianza.
Lucia Renati