Che dire da adulto di fronte alla serie di manifestazioni del 15 marzo che hanno visto coinvolti circa 110 paesi oltre un milione di ragazzi e giovani studenti di tutti i continenti per il primo Sciopero Mondiale per il clima?
Cosa possono dire gli adulti quando i loro figli/e o i compagni/e di scuola dei loro figli/e che non hanno ancora 17 anni si riuniscono insieme e vanno a pulire i parchi e la spiaggia dai rifiuti? E poi vanno in piazza per affrontare con serietà il tema del futuro del pianeta in cui vivranno ‘da grandi’?
Il minimo che si possa fare è ascoltarli, prendere sul serio quello che dicono e volerli degnare di una risposta.
Ma questo per noi è scomodo, per tante, scomodissime, ragioni.
La prima ragione è che sono stati proprio loro, e non altri, a prendere la parola. Non sono stati manipolati, non sono burattini di altri adulti (quanto ci farebbe comodo se fosse così! Potremmo tornare tranquilli alle nostre occupazioni e non pensarci più). Si sono messi in contatto tra loro in tutti i paesi e, senza leader particolari, hanno deciso che era il momento di intervenire: tutti insieme, in contemporanea, in tutto il pianeta.
La seconda ragione è che i nostri figli o nipoti o giovanissimi concittadini, sono seriamente preoccupati (qualcuno è addirittura angosciato) per come sarà il mondo in cui abiteranno loro e i loro figli (già, pensano ai loro figli!); si sentono minacciati. Se anche non ci interessasse niente dei loro argomenti, dovremmo preoccuparci del loro stato d’animo e chiederci che conseguenze potrà avere e come possiamo migliorarlo. (Ma forse, in realtà, siamo preoccupati anche noi del futuro e loro lo sentono).
La terza ragione è che ci prendono sul serio. Gli adulti scienziati dicono che la crisi ecologica è planetaria ed avanzata e mette a rischio la vivibilità di vaste aree del mondo; gli adulti politici fanno solenni Accordi e prendono Impegni (come quelli della Conferenza di Parigi del 2015) che poi non rispettano. Con la loro logica implacabile i ragazzini ci inchiodano alle nostre stesse parole: perché non fate ciò che dite va fatto?
La quarta ragione è che ci conoscono troppo bene e non riusciamo più a ingannarli. È da quando sono nati che ci studiano. Come ha detto la ormai nota 15enne attivista svedese Greta Thurneberg ai capi di stato riuniti a dicembre 2018 alla conferenza mondiale sul clima a Katowice, in Polonia: “Voi parlate solo di una infinita crescita della green economy, perché avete troppa paura di essere impopolari”.
Voi parlate solo di una infinita crescita della green economy, perché avete troppa paura di essere impopolari. Parlate solo di andare avanti con le stesse idee sbagliate che ci hanno messo in questo scompiglio, anche quando l’unica cosa sensata da fare è tirare il freno di emergenza. Non siete abbastanza maturi per dire le cose come stanno, anche questo fardello lo lasciate a noi bambini.”
La quinta ragione è non sono disposti a fermarsi: in molti paesi le manifestazioni avvengono da mesi e sono annunciate per i prossimi davanti a scuole e parlamenti. Dovremo rispondere, in qualche modo: partiti, sindacati, imprese, chiese, movimenti, governo, o il nostro silenzio scaverà un solco di sfiducia pericolosissimo con quella generazione: “Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione?” (Luca, 11, 11-12).
La sesta ragione è che solo con l’aiuto dei ragazzi/e e dei giovani noi tutti potremo trovare il coraggio di fare ciò che può e deve essere fatto per limitare i danni e prenderci cura del pianeta da cui dipendiamo. Il cambiamento climatico non è una questione politica come le altre: si manifesterà nel futuro ma va risolta nel presente. Richiede una visione a lungo termine che manca del tutto nell’elites economica e politica di oggi. Richiede un cambiamento di abitudini che gli adulti non vogliono fare. Richiede giustizia sociale, lotta contro la disuguaglianza. Sempre con le parole di Greta Thurneberg : “Non possiamo risolvere una crisi se non la trattiamo come tale: dobbiamo lasciare i combustibili fossili sotto terra e dobbiamo focalizzarci sull’uguaglianza. E se le soluzioni sono impossibili da trovare all’interno di questo sistema significa che dobbiamo cambiare il sistema. Non siamo venuti qui per pregare i leader di occuparsene. Ci avete ignorato in passato e continuerete a farlo. Siete rimasti senza scuse e noi siamo rimasti senza più tempo. Noi siamo qui per farvi sapere che il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no.”
Il movimento di venerdì 15 marzo un segno (altri ne sono apparsi) di un nuovo soggetto politico emergente: il genere umano in quanto tale, senza altre appartenenze, l’unico soggetto capace di vincere la logica del profitto ad ogni costo. I giovani sono disposti a questo, lo hanno detto e potranno farlo. Abbiamo assoluto bisogno della loro energia e creatività.
Uno degli slogans di venerdi, in tutto il mondo, è stato: Wake up! Svegliati! Act now! È ora di agire!
Che siano oggi i bambini e i giovani ad ‘avere i piedi per terra’ e gli adulti a ‘fuggire dalla realtà’ è un inedito rovesciamento dei ruoli; dicendoci, come nella favola di Andersen, che il re (gli adulti al potere) è nudo, in realtà i ragazzi ci hanno ancora dato fiducia. Ci hanno chiamato alla responsabilità. Cogliamo questa occasione. Lo dobbiamo a loro, a noi stessi e alle generazioni future. Forse è l’ultima occasione.
Valter Chiani