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‘COBOT’, NUOVA FRONTIERA

Sono i robot collaborativi, resi noti in Romagna dalla sperimentazione a Morciano

La Romagna è terra di innovazione, che negli ultimi mesi ha visto una vera e propria nuova frontiera: quella dei robot collaborativi. Il termine esatto è cobot, un nuovo prodotto dell’automazione che di recente nel riminese ha suscitato grande curiosità grazie al “robot cameriere” sperimentato dalla pasticceria Garden a Morciano, aprendo gli occhi su questo tipo di applicazione innovativa.

A fornirlo è Dynamics, start up con sede a Cattolica specializzata in soluzioni di automazione robotica e intelligenza artificiale. La titolare Sarah Fayaz racconta la genesi e lo sviluppo di questa suggestiva avventura.

Partiamo dall’innovazione più macroscopica, che ha avuto maggiore risonanza mediatica sul nostro territorio: il “robot-cameriere”.

Di che si tratta?

“Per la precisione si tratta di un cobot, ossia un robot collaborativo, pensato e progettato proprio per aiutare l’essere umano in specifiche attività. Possono essere impiegati in vari ambiti, come quello aziendale o ospedaliero, ma in Romagna ha trovato spazio nel mondo alberghiero e della ristorazione”.

Come funziona esattamente?

“In sostanza funge da trasportatore: nel momento in cui l’ordine del cliente viene ricevuto e preparato, il cameriere umano digita il tavolo di riferimento e il cobot, attraverso una mappatura del locale ed essendo dotato di intelligenza artificiale, si sposta per raggiungere i relativi clienti trasportando e consegnando l’ordine. Si sottolinea che il servizio è limitato al trasporto (con tutti i vantaggi che questo comporta, come ad esempio per il maggior peso sostenibile rispetto all’uomo) mentre l’ordine continua a essere preso dai camerieri umani, in modo da conservare tutto l’aspetto relazionale del contatto con la clientela. Il suo scopo, dunque, è aiutare l’essere umano, non sostituirlo”.

Com’è nata l’idea di iniziare un percorso in questo ambito?

“Un paio di anni fa ho intrapreso con mio marito un viaggio in Cina, durante il quale abbiamo avuto modo di assistere a diversi tipi di cobot impiegati in varie attività. Rientrati in Italia nostro figlio, allora sedicenne, stava cercando un impiego stagionale estivo per fare esperienza lavorativa e proprio in quel periodo abbiamo visto da vicino le difficoltà che molte attività del settore turistico-ricettivo vivono in questi anni sul fronte della mancanza di manodopera. Così è nata l’idea che i cobot potessero essere la risposta a questa necessità diffusa sul territorio”.

Oggi è una soluzione richiesta dagli operatori?

“Anche grazie alla risonanza mediatica che il cobot di Morciano ha avuto, siamo stati contattati da diverse realtà del territorio, anche aziende molto grosse e importanti. Ma non solo: la stessa Università di Bologna, attraverso il Campus riminese, ci ha proposto una collaborazione per fare ricerca sulla

robotica applicata alla ristorazione e relative opportunità di tipo tecnologico e sociologico, nell’ambito di un progetto legato al PNRR. Insomma, sta crescendo e si sta diffondendo una consapevolezza sul tema, ma c’è ancora strada da fare per arrivare a un completo cambio culturale”.

Viste le potenzialità, c’è un sostegno da parte del territorio per questo tipo di innovazione o siamo ancora in una fase “pionieristica”?

“Siamo sicuramente in una fase pionieristica e nonostante, come detto, si stia sviluppando un’attenzione sul tema, non ci sono ancora sostegni specifici sul territorio per questo tipo di innovazione, penso ad esempio a finanziamenti o agevolazioni. Probabilmente ci vorrà ancora del tempo”.