Per quel suo frequentare piani numerosi e ambiti diversi, la figura di Giacomo (Mino) Guerrini può essere utilissima a chi – come il festival riminese La Settima Arte – intende indagare oltre al cinema, anche il ruolo dell’industria culturale e le sue interconnessioni. Tanto più che questo artista eclettico è un riminese d’adozione, negli ultimi anni molto impegnato in tv per la quale ha collaborato con un altro concittadino doc, Sergio Zavoli, nella fortunata e meritevole serie “Viaggio intorno all’uomo”.
Giornalista, pittore e regista cinematografico, nella capitale dell’immediato dopoguerra, percorsa come tutta l’Italia da una vena di ritrovata vitalità, iniziò a raccontare i nuovi comportamenti, gli atteggiamenti spregiudicati e i mutamenti di costume, con arguta fedeltà, in articoli su L’ Espresso.
Secondo un copione condiviso con personalità come Cesare Zavattini, Marcello Marchesi, Ennio Flaiano, in quell’Italia del secondo dopoguerra sospesa tra ricostruzione, boom e stagnazione, Guerrini è stato molte cose, anche in caotica sovrapposizione e in vivace contrapposizione. Il suo stile giornalistico ironico, talvolta surreale, era sostenuto da una curiosità insaziabile e interessi in campi diversi. Fu pittore (amava minimizzare il suo talento), scrisse canzoni, e nel 1963 approdò al cinema, sfidando ancora una volta un settore nuovo. Cominciò firmando insieme a Massimo Mida ‘Amore a quattro dimensioni’, e, fino alla fine degli anni Settanta, fu regista di almeno venti film. Costumista e regista teatrale, attore, autore televisivo e radiofonico, nel cinema gli piaceva riportare in immagini la sua visione ironica e provocatoria del mondo, la registrazione dei vizi e dei vezzi nei comportamenti degli italiani, in particolare nella coppia.
“Questa miriade di esperienze e di attività mostra inattese continuità e sintonie, come una partitura polifonica miracolosamente congegnata, nonostante una biografia spesso ostaggio dei casi della vita: hanno scritto di lui Chiara Grizzaffi e Rocco Moccagatta – l’esperienza di artista visuale con l’avanguardia del gruppo romano Forma1 si ritrova rielaborata nella volontà di sperimentare soluzioni formali originali nei film da regista (in particolare in generi come l’horror, il noir e il poliziesco, con titoli come Il terzo occhio, 1966; Omicidio per appuntamento, 1967; Gangster ’70, 1968)”. Il gusto per l’elzeviro brillante e il fiuto per il giornalismo di costume – facilmente rinvenibile nelle collaborazioni da «Il Mondo» a «Epoca» – si riverberano nella scrittura di testi radiofonici e televisivi, così come “l’attenzione per i fenomeni culturali emergenti e per le novità dall’estero ne spiegano la capacità di intercettare fermenti e interessi prima che diventino mode”.
A parte vari film del filone costruito sui titoli delle canzoni, Mino Guerrini fu regista, tra l’altro, de Colpo di sole con Alberto Lionello (1968), Gangster 70 in cui usò il carisma hollywoodiano di un Joseph Cotten invecchiato, Oh dolci baci e languide carezze con Luciano Salce del 1970. Con Aldo Maccione e Giorgio Bracardi, realizzò la fortunata serie costruita sul colonnello Buttiglione. Negli ultimi anni era collaboratore di Epoca e lavorava spesso per la tv.
Morirà a 63 anni in una tenuta di campagna vicino a Rimini. Dagli esordi vicini a una certa commedia di costume e di satira, passando per la ricerca di un approccio personale ai generi popolari (nazionali e non), “il percorso di Guerrini non cessa di offrire e sollevare spunti di riflessione per chi intende indagare, anche oltre il cinema, il ruolo dell’industria culturale e dei suoi esponenti più significativi in Italia nel Novecento”.
Una possibilità quanto mai concreta in questo periodo in cui c’è più tempo a disposizione, oltre a Teche Rai e cataloghi cinematografici.
Tommaso Cevoli