Il nuovo film di Nanni Moretti è nel segno del dolore e del cinema. Il dolore è contrassegnato dalla malattia della madre (interpretata da Giulia Lazzarini) di Margherita (Margherita Buy) e Giovanni (Moretti), ricoverata in ospedale in stato precario. Il cinema è il quotidiano di Margherita, regista impegnata nella lavorazione di un film a tematica sociale, con i problemi quotidiani da gestire, in primis l’attore americano (John Turturro) protagonista che si rivela un fanfarone non sempre professionale con diverse ombre che saranno rivelate in corso d’opera.
Moretti sposta l’asse delle sue ossessioni sul personaggio di Margherita: del resto il regista da tempo non riveste i panni del personaggio centrale, preferisce stare “nell’ombra”, trasportando umori e sensazioni su altri caratteri. La regista, colei che deve controllare e gestire tutto e tutti, vita professionale e privata (separata, con una figlia che arranca in latino, anche perché nonna, indimenticabile insegnante di lettere, non può più assisterla come prima, e con altri piccoli tumulti di cuore senza pace), si rivela persona fragile e insicura, ossessionata dai ricordi e da sogni che la assalgono.
Mia Madre è film di accurata delicatezza e cocente intimità: Moretti torna agli interni familiari (vedi La stanza del figlio) in un’opera che ha pure il sapore di una sorta di personale rielaborazione del lutto (la mamma del regista è scomparsa nel 2010). Un racconto ben elaborato, con la complessa figura di Margherita, ben orchestrata in tutti i suoi aspetti, la figura materna, il ruolo pacato dell’organizzato fratello Giovanni (lui è più bravo a cucinare della sorella che organizza solo insalate e frittatine), pronto a scelte decisive per la sua esistenza e lo sguardo sul sociale filtrato dal cinema.
il Cinecittà di Paolo Pagliarani