L’orario del titolo è il momento notturno nel quale il povero Conor (l’efficace Lewis McDougall) ha un incubo ricorrente. E di giorno le cose non vanno meglio: madre gravemente ammalata (Felicity Jones), pericolo imminente di doversi trasferire a casa della nonna, donna dal carattere severo (Sigourney Weaver), e tormenti scolastici causa bullismo. Come se non bastasse Conor riceve visite notturne (sempre all’ora dell’incubo) di un mostro-albero che gli racconta tre storie in attesa di una quarta storia da parte del ragazzo, la più veritiera possibile circa il suo brutto sogno.
Sette minuti dopo mezzanotte – tratto dal romanzo di Patrick Ness che lo ha adattato per lo schermo – è un efficace racconto di elaborazione del dolore e un buon percorso di formazione. Al centro i tormenti del giovane Conor, bravo a disegnare e deciso nell’affrontare l’arborea creatura nel cuore della notte. Il particolare del disegno non è secondario: le storie narrate dal mostro sono realizzate in animazione con disegni acquarellati di fascinosa impostazione e l’elemento grafico assume sempre più importanza mentre si procede nella storia, un bel viaggio nel mondo adolescenziale con i canoni ben delineati del racconto fantasy-orrorifico a misura di tredicenne che hanno determinato tante storie amate dai teen-agers.
Il film di Bayona (regista passato dall’horror di The Orphanage al dramma vissuto di The Impossible e presto firmerà il secondo Jurassic World) riesce bene a inquadrare il percorso di crescita del protagonista, esplorando con cura i dettagli drammatici del suo vissuto e rendendo il film non solo esclusivo episodio fantastico ma itinerario di vita profondo e sempre più consapevole, nel varcare soglie che a volte non si vorrebbero mai attraversare.
Il Cinecittà di Paolo Pagliarani