Il successo raccolto dalla “banda dei ricercatori” con il primo film Smetto quando voglio, ha spinto il regista Sydney Sibilia e il produttore Mattero Rovere a cimentarsi in un’impresa in perfetto stile hollywoodiano: sui titoli di coda del secondo episodio trovate persino le anticipazioni del terzo film (Ad Honorem), disponibile in sala ad ottobre. Del resto perché non sfruttare al meglio le possibilità di una commedia briosa, già ben giocate nel numero uno e qui mantenute con eguale abilità, con una strizzatina d’occhio al cinema americano (l’inseguimento al treno) e l’allegro spirito “caciarone” delle produzioni nostrane, che non guasta, anzi diventa elemento caratterizzante della, ormai si può dire, trilogia?
La banda guidata dal biologo Pietro Zinni (Edoardo Leo) si ritrova insieme con alcuni nuovi acquisti (come il “signore della guerra low-cost” interpretato da Giampaolo Morelli) coinvolti da un ispettore di polizia (Greta Scarano) convinta che solo loro possano rintracciare i luoghi di produzione delle “smart drugs” e fermare così il diffondersi di pericolose sostanze stupefacenti. In cambio di libertà e fedina penale pulita Zinni e i suoi (tutti confermati, da Stefano Fresi a Pietro Sermonti e gli altri spiritosi comprimari) agiscono a modo loro, ma la “torta” fa gola a nuovi criminali. E Zinni ha già il suo bel da fare, visto che la sua compagna (Valeria Solarino) è vicina al parto ed è stufa delle bugie del suo uomo.
Qui c’è movimento, allegria e trovate buffe (i mezzi risalenti al Terzo Reich). Tempi adatti, interpreti tutti in parte, atmosfere divertenti e l’idea che il cinema italiano possa intraprendere qualche strada differente, invece che seguire sempre la corrente della commedia convenzionale.
Il Cinecittà di Paolo Pagliarani