Sipario su Logan, il popolare Wolverine degli X-Men, il gruppo di mutanti che ha trovato nel solitario eroe con gli artigli di adamantio la star per eccellenza, colui che ha rubato più volte la scena agli altri “uomini X”. Per il commiato – sul set – dall’attore Hugh Jackman (che deve molto al personaggio, suo trampolino di lancio nel mondo del cinema), c’è di nuovo il regista James Mangold (sue la commedia romantica Kate and Leopold e l’ottimo biopic su Johnny Cash Quando l’amore brucia l’anima), qui decisamente molto più ispirato che nel precedente Wolverine l’immortale. In un domani privo di progressi tecnologici (grandi camion che sfrecciano come proiettili sulle autostrade…), Logan è solo e stanco, si guadagna da vivere con un servizio di autotrasporto di lusso e sogna di comprare una barca per vivere in pace assieme all’amico Charles Xavier (nuovamente interpretato da Patrick Stewart) avanti negli anni e malato. Ma l’entrata in scena della giovanissima Laura (l’esordiente ed efficace Dafne Keen) lo costringerà a sfoderare ancora una volta gli artigli.
L’aria crepuscolare e i toni “simil western” (non a caso si cita Il cavaliere della valle solitaria con Alan Ladd) e gustosi riferimenti ai comics originali, rendono questo terzo episodio “esclusivo” di Wolverine il più interessante. Niente costumi variopinti ma super eroi che sono prima di tutto uomini con le loro fragilità e tormenti, senza privarsi della giusta quantità di scene spettacolari, qui realizzate con crudezza (ecco spiegato il giusto divieto ai minori di 14 anni) evidenziando lo stato d’animo dell’eroe rassegnato in una società dove i mutanti sembrano estinti e non è più tempo di super imprese per salvare il mondo. Le sorprese nel film non mancano: meglio non far arrabbiare Wolvie.
Il Cinecittà di Paolo Pagliarani