“Captain Fantastic” (lo interpreta il bravo Viggo Mortensen) è il padre di sei figli educati nell’autonomia più totale, in mezzo ai boschi, insegnandogli l’arte di arrangiarsi in ogni occasione, con un’istruzione costruita su letture importanti (da I fratelli Karamazov a testi di filosofia), senza relazioni con il mondo esterno. Questa bizzarra famiglia (la loro “festa nazionale” è il compleanno del linguista Noah Chomsky) dovrà fare i conti con la società per via di eventi drammatici, con inevitabili frizioni di fronte alle originali scelte di vita della curiosa famiglia.
Opera seconda del regista Matt Ross (come attore qualcuno lo ricorda nella serie “Silicon Valley”), tipico stile indie americano, premio per la miglior regia a Cannes nella sezione “Certain Regard”, Captain Fantastic è il racconto ora drammatico ora divertente di un nucleo famigliare che ha scelto l’indipendenza ma poi si trova a dover riflettere sulle necessità di indispensabili compromessi.
Non è detto che la libertà crei la dimensione adeguata per far crescere i figli, anche se i ragazzi (tra gli interpreti dei giovani si nota George MacKay, visto in Pride) sono molto vicini a papà e lo seguono nelle sue scelte libertarie per spingerli alla formazione di un libe- ro pensiero.
Se la materia generale non appare sempre a fuoco per via di qualche tocco eccentrico di troppo, Captain Fantastic riesce in ogni modo ad offrire buoni spunti di riflessione sul pianeta “famiglia” e sulle problematiche di scelte troppo autonome che non garantiscono l’adeguato posizionamento nel mondo. Va bene lo spirito libero e indipendente, purché il primo pensiero sia il bene della persona, intellettuale, morale e fisico.
Il Cinecittà di Paolo Pagliarani