Sintesi dell’Omelia del Vescovo per la s. Messa in memoria di don Luigi Giussani nel 14° anniversario della sua scomparsa e nel 37° del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione.
– Rimini, Basilica Cattedrale, 22 febbraio 2019 –
Imbattersi nella figura di Simon Pietro lungo le righe dei quattro vangeli è un po’ come guardarsi allo specchio. In effetti Simone è uomo roccioso e friabile, impetuoso e calcolatore, fedele e spudoratamente infedele. Pietro è proprio uno di noi, con gli slanci e i precipitosi tonfi di ognuno di noi. Con le vertiginose impennate e le immancabili, stucchevoli ricadute della nostra desolata fragilità. Non è certo casuale che nel seguito immediato di questo brano l’evangelista riporti l’amaro rimprovero fulminato da Gesù contro Pietro, fino a definirlo “Satana”. Ne viene fuori un aspro contrasto: tra la fede di Pietro e la sua ostinata incomprensione del mistero di Gesù; tra l’autorità affidata a Pietro e il richiamo sdegnato di Gesù. è il contrasto tra il peccato e la grazia, tra la miseria e la misericordia. Quel giorno Simone si lasciò letteralmente… ‘in-pietrire’, e divenne Pietro. E Pietro divenne pietra: la pietra di fondazione dell’edificio-Chiesa.
L’omelia di mons. Lambiasi prosegue e si sviluppa toccando due punti: il mistero della Chiesa e una Chiesa sinodale.
1. Sul mistero della Chiesa il Vescovo prende l’abbrivio da una citazione di don Giussani. Nel libro Perché la Chiesa scriveva:
“La Chiesa non solo è qualcosa che nasce dalla vita, ma è una vita. Chi si accinga a verificare una propria opinione sulla Chiesa deve tener presente che per l’intelligenza reale di una vita come la Chiesa occorre una adeguata convivenza”.
In altre parole: per entrare con il cuore nel mistero della Chiesa si richiede una sintonia con la realtà palpitante della Chiesa. Ma non è questa la vostra esperienza, fratelli e sorelle di CL? Voi non dite: “Cristo sì, Chiesa no”. Ma dite: “Cristo sì” e proprio per il sì a Cristo, voi dite anche “sì alla Chiesa”. (…)
La Chiesa viene dall’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Le sue sorgenti sgorgano dal grembo della santa Trinità, in cui le persone divine sono totalmente fuse nell’amore senza però risultare confuse. E sono realmente distinte senza minimamente risultare distanti. Non è quindi eccessivo definire la Chiesa come la “prolunga” della santa Tri-Unità nella storia.
Da qui deriva alla Chiesa la nota della sinodalità. la volontà a cui Dio chiama”. E’ questo il sogno di papa Francesco.
2. Nel secondo punto, il Vescovo Francesco prova a declinare i tratti salienti del volto di una Chiesa sinodale.
“Una Chiesa sinodale è una Chiesa in comunione: si tratta di mettere in circolo tutti i doni, piccoli e grandi. Che tutti abbiano la possibilità di dire con franchezza e umiltà, nella più limpida benevolenza, la loro parola. Che, sotto la guida dei Pastori, si sappia discernere insieme che cosa lo Spirito dice oggi alla Chiesa.
Una Chiesa sinodale è una Chiesa in cui si coltiva la mistica della fraternità, non la strategia del compromesso, non la tattica dell’inciucio. La fraternità non si produce: si accoglie. è (…) il ‘tu’: non il clone dell’io, ma un tu unico, singolare, irripetibile.
Una Chiesa sinodale è la Chiesa dei processi, più che delle procedure. Una Chiesa che semina e sviluppa potenzialità, piuttosto che ingolfarsi nella elucubrazione di sofisticati piani pastorali.
Una Chiesa sinodale è la Chiesa della edificazione comune per la missione di tutti e per tutti. L’edificazione comune non si realizza orizzontalmente, dividendosi le zone d’influenza o inventando piattaforme di convivenza. Ma muovendosi tutti in avanti, convergendo verso un orizzonte che sta oltre, in un comune slancio missionario.
Una Chiesa sinodale è una Chiesa che cammina sul passo degli ultimi. Una Chiesa che si fa ultima e povera per ripartire sempre dagli ultimi.
Il Vescovo di Rimini ha chiuso l’Omelia ricordando due impegni proposti nel 2018, e ritornando al tema dei migranti e dei giovani, e a quali proposte lanciare.
“L’anno scorso vi raccomandai due impegni, che il Papa stesso aveva personalmente affidato a don Carròn: l’accoglienza dei migranti e l’accompagnamento dei giovani. Quest’anno vi devo ringraziare per quanto state facendo in questi due cantieri, insieme alla rete di altri movimenti e associazioni ecclesiali.
I migranti: aiutiamoci insieme a sconfiggere la paura dell’altro, visto come un avversario, addirittura come un nemico, anziché come un fratello.
Per il cantiere dei giovani: se ai giovani chiediamo poco, al massimo alcuni ci daranno molto poco. Se chiederemo molto, molti giovani ci daranno tutto”.