“Chi semina amore, raccoglie amore e giustizia”. Alla quarta beatitudine è dedicata quest’anno la lettera che Alberto Marvelli “scrive” alla comunità ecclesiale riminese, tramite la penna del vescovo Francesco, in occasione della festa del beato, il 5 ottobre.
“All’udire proclamare questa beatitudine, molti reagiscono indignati: come si fa a proclamare beati gli affamati, in un mondo in cui 26mila bambini muoiono di fame ogni giorno, uno ogni tre secondi, 20 nel minuto – e 850 milioni di persone ogni sera vanno a dormire a stomaco vuoto? Secondo una ricerca condotta dal ministero dell’agricoltura degli U.S.A., su 161miliardi di kg di alimentari prodotti, ben 43 miliardi finiscono nella spazzatura. Come non ribellarsi a tanta ingiustizia? Gesù stesso ha condiviso questa indignazione, tanto è vero che a quella beatitudine fa seguire un tremendo ‘guai!’: «Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame».
Come Alberto ha vissuto questa fame di giustizia che lo ha spinto a preoccuparsi degli affamati di pane?
“Su un foglio senza data avevo scritto: «Essere i realizzatori della carità di Cristo nel mondo. Siamo tutti fratelli, figli di uno stesso Padre. La carità si propaga con la vita, con la bontà. Bisogna sempre possedere la carità per irradiarla verso gli altri. La carità ha il suo centro e la sua vita in Cristo. La carità diventa istintivamente comprensione dei bisogni altrui, necessità di dare agli altri, di dare i doni che Gesù ha dato a noi. Sofferenza dei dolori altrui». Ecco, tutto è nato dalla fede, dalla certezza incrollabile di essere e di sentirmi amato da Gesù e dal desiderio ardente di ricambiare tanto amore, fino ad amare i poveri e gli affamati non solo come lui, ma con lui, con il suo stesso cuore. Allora, che meraviglia se la mamma mi vedeva tornare a casa spesso senza giacca, senza scarpe, perché trovavo che c’era sempre qualcuno che aveva più bisogno di me? Ecco, perché ogni giorno non potevo stare senza fare la comunione e senza almeno compiere un gesto di solidarietà verso un povero. Per me, non era un dovere, ma un bisogno, anzi una necessità”.
Durante la liturgia in Sant’Agostino, mons. Lambiasi ha presentato e consegnato ufficialmente alla Chiesa riminese la Lettera Pastorale 2012, dal titolo Noi non possiamo tacere, indirizzata a sacerdoti, religiosi, operatori pastorali e a tutti i fedeli. La Lettera è stata stampata in 13.000 copie, e in allegato ad essa il libretto Ma Tu chi sei?, un accattivante ed efficace identikit di Gesù Cristo. Lettera e libretto sono entrambi editi da il Ponte. L’Azione Cattolica diocesana era presente per la celebrazione dell’Impegno e ha animato la liturgia. (c.z.)