Sabato 5 ottobre, in piazza Grande a Modena, sarà celebrata la beatificazione di Rolando Rivi, seminarista della diocesi di Modena e martire ad appena 14 anni. Tra le tante storie di violenza che segnarono il periodo successivo all’8 settembre 1943 fino alla fine della guerra e oltre, quella di Rolando è singolare, sia per l’età (quattordici anni), sia per il motivo della sua uccisione. Egli fu ucciso da un gruppo di partigiani comunisti il 13 aprile 1945, “in odium fidei”, come dice la formula tecnica, per la sua fede, che egli testimoniò fino al sangue. Egli viene raffigurato con la veste talare, che allora veniva indossata dai preti e dai seminaristi, fino dai primi anni di seminario. Essa gli era particolarmente cara, come segno di consacrazione a Gesù. I suoi uccisori lo spogliarono di questa veste, prima di ucciderlo, poi la usarono per giocare, in segno di disprezzo.
Noi non abbiamo ancora completamente pacificato la memoria di quegli anni terribili. La conoscenza dei fatti e il giudizio storico hanno fatto grandi progressi. Resta però poco esplorata una dimensione, quella delle coscienze. Anzitutto, la coscienza di coloro che, da ambo le parti, si resero responsabili di azioni orrende. Don Primo Mazzolari, in un famoso discorso, parlò di “Nostro fratello Giuda”. La “banalità del male” dovrebbe portarci a considerare con profonda compassione gli assassini, i torturatori, i responsabili di genocidi e di tutte le azioni tremende alle quali abbiamo assistito anche negli ultimi anni. Come è possibile che uomini come me, come te, come ciascuno di noi, abbiano potuto comportarsi in questo modo? Qual è stato il piccolo cedimento, che ha dato origine alla valanga? Come e a che prezzo essi, ma anche noi al loro posto, avremmo potuto resistere?
Ci sono poi quelli che hanno resistito. Mi viene in mente il contadino austriaco Franz Jaegerstaetter, che venne ghigliottinato, perché fino in fondo rifiutò di combattere nell’esercito di Hitler. Resistette solo, aiutato soltanto da sua moglie, in nome di quello che era scritto nel Vangelo. La sua comunità cristiana non lo aiutò, il suo parroco e il suo vescovo lo consigliarono di sottomettersi. Anche dopo la fine della guerra, la sua memoria creò imbarazzo presso i suoi paesani. Con coraggio, papa Benedetto XVI, tedesco, lo ha proclamato beato. Infine, c’è la coscienza dei piccoli, come Rolando. Essi attraversano il loro tempo con l’innocenza e la semplicità di chi dice, come lui, “Io sono di Gesù”.
Sembra quasi che essi non appartengano alla loro storia. Eppure, sono proprio loro che permettono a tutti gli altri protagonisti di trasformare angosce e rimorsi in un’umile supplica, perché il sangue innocente, come quello di Gesù, invoca il perdono di Dio, per la nostra conversione. Il ricordo di Rolando e questo atto solenne, con il quale la Chiesa lo propone come modello e intercessore, non ci aiuta soltanto a purificare la memoria del passato, ma anche a riconoscere e ad evitare il male nel nostro tempo.
<+FirmaCoda>don Giuseppe Dossetti
<+testo_brevi><+nero>Chi volesse partecipare alla beatificazione del piccolo Rolando Rivi può tentare di richiedere il pass per i singoli o per i gruppi, con una mail, alla segreteria dell’evento: <+nerocors>beatificazionerivi@modena.chiesacattolica.it. <+nero>Infatti la richiesta è stata di molto superiore alla disponibilità dei posti.