Pochi passi, appena qualche scalino e in pochi minuti si scendono 1900 anni. Un balzo nella storia a due passi dal mare e al fianco di un simbolo dell’educazione e della solidarietà. L’Anfiteatro romano non offre più lotte tra gladiatori e spettacoli circensi – sepolti insieme al resto del manufatto – ma può regalare ancora storia e suggestioni, se non proprio turismo. Più di quanto non stia facendo ora e dal 1946, da quando cioè è costretto ad una difficile coesistenza con il Ceis, il centro educativo italo svizzero.
Se Gioenzo Renzi (Fratelli d’Italia) rivendica (giustamente) una interrogazione datata 1994, le attenzione de ilPonte nei confronti dell’Anfiteatro sono ben precedenti. Tutte documentate, ma senza intento di condanna nei confronti del Ceis. Prima del 1946, il manufatto romano di quali opere di recupero aveva goduto?
Per la sua posizione marginale, l’Anfiteatro, a due passi dall’Arco d’Augusto, dal Ponte di Tiberio e dalla Domus del Chirurgo, non ha avuto la fortuna di diventare “un monumento simbolo della nostra città sia per la sua posizione lontana dal centro, sia perché nel corso dei secoli fu abbandonato o adibito ad altri usi. – hanno ammesso candidamente Orietta Piolanti e Maurizio Biordi, ex direttore del Museo della Città – Ad esempio lo spazio, alla fine della seconda guerra mondiale, venne utilizzato come discarica delle macerie dei fabbricati della città. Questo ci fa capire quale fosse nella cultura riminese la considerazione per questo monumento fino settant’anni fa”.
La situazione odierna è tale… “grazie” alla politica. Se per Giovanni Casadei (Pd) “la valorizzazione dell’Anfiteatro non è una priorità”, differente è la posizioni dei colleghi della minoranza consigliare. Il pressing dell’opposizione sulle strutture del Ceis sorte nel 1946, ha prodotto un mezzo terremoto. Ad alcune delle “baracche” dell’istituto educativo mancano i titoli. Tradotto: sono irregolari. Al Ceis è stata richiesta la documentazione necessaria, il tempo ormai è agli sgoccioli. “Parliamo di periodi in cui le procedure erano diverse, i consigli di amministrazione sono cambiati, c’è difficoltà a recuperare tutti gli elementi” allarga le braccia il direttore del Centro Italo Svizzero Giovanni Sapucci. Il Ceis presenterà comunque una memoria difensiva, ma quelle due parole – abusi edilizi – pesano come macigni. E potrebbero rappresentare il viatico per le diffide del Comune e il ripristino dei luoghi. Ciò significa l’abbattimento delle baracche abusive e il trasloco del Ceis.
L’eventualità, fino a poche stagioni fa presentata come surreale, ora sembra una pista da percorrere. In Consiglio Comunale l’assessore Roberta Frisoni ha ricordato che il Comune lavora in due direzioni: “recuperare l’Anfiteatro e trovare una nuova sede al Ceis”. Dove può traslocare un Centro educativo del genere? Risposta: nell’area della stazione. Il direttore Sapucci accende il semaforo verde, Renzi spegne i facili entusiasmi: “Chiacchiere al vento, con Fs non è ancora stato sottoscritto nulla”.
Oggi, però, si valuta una nuova sede per il Ceis e il ragionamento non comporta vesti stracciate né in aula né nel resto della città. Anzi. “La seconda parte del mandato della Giunta deve andare nella direzione del recupero dell’Anfiteatro” non fa giri di parole il consigliere di maggioranza Davide Frisoni. Sarà perché è un’artista pure lui, ma la successiva proposta: “valutare l’uscita del Comune dal Ceis” è una pennellata da maestro.
Sapucci è ferito da quelle parole ritenute offensive “volate” dai banchi della politica nei confronti del centro italo-svizzero. È concentrato su quelle due parole “abusi edilizi” che vorrebbe cancellate, ma non si offende per l’ipotesi spostamento. “Siamo disponibili, serve solo un’area idonea. Quella della stazione andrebbe benissimo. Stiamo anzi lavorando ad un progetto. – assicura il direttore – La priorità è recuperare le risorse economiche perché il Comune non potrà sostenerci e da soli non ce la facciamo”.
Non metterà personalmente mano al portafogli, ma l’assessore Mattia Morolli un assist al Ceis l’ha fornito e a sei zeri:“fra le ‘baracche’ sopra l’anfiteatro vanno a scuola ben 360 bambini e se il Comune dovesse trovare per loro una nuova collocazione “la spesa sarebbe di oltre 1 milione di euro”. Il Ceis è una scuola paritaria, cioè una scuola privata che svolge una funzione pubblica riconosciuta dalla legge. La stessa funzione che svolgono tante altre realtà nel riminese (e in Italia): altro che aggravio di spesa, contribuiscono al risparmio per le casse pubbliche mentre fanno educazione. Magari non nelle storiche “baracche”, magari non a ridosso dell’Anfiteatro.