Intervista. Il professor Giovanni Pretolani è il coordinatore didattico-educativo dei Licei
Si sa, le tradizioni non passano mai di moda e sono come un vestito che può esser sempre indossato. Oggi invece si pensa che il passato sia ingombrante e non più utile e allora si vive nella cornice di un eterno presente entro la quale non si costruisce nulla.
Ecco, forse a far la differenza è la capacità di integrare il passato, fonte di insegnamento, con il presente, inteso come flusso di vita a cui non si possono voltar le spalle.
Le Maestre Pie sanno come districarsi in questi tempi critici a livello educativo e formativo. Da anni rinnovano la proposta e mantengono sempre alto il numero di studenti che decidono di abbracciarla. Le loro scuole, di ogni ordine e grado, sono un’istituzione nella provincia di Rimini.
Degno di nota è l’inserimento di figure laiche all’interno dell’ambiente scolastico e in particolare nell’ambito di ruoli apicali come quello del coordinamento didattico-educativo. “ Si tratta di una strada intrapresa già da anni con lo scopo di rendere inclusiva la comunità educante. Lo studente, che è prima di tutto una persona, è al centro di un luogo in cui figure religiose e figure laiche sono contemporaneamente presenti. Il carisma della fondatrice Beata Elisabetta Renzi racconta
suor Mirella Ricci, gestore della scuola – deve coniugarsi con i tempi che siamo chiamati a vivere oggi”.
“Papa Francesco, in occasione della GMG di Lisbona, ha parlato di una Chiesa aperta a tutti: su questa scia, io allora parlo di una scuola aperta a tutti”.
Suor Mirella poi ci tiene a sottolineare il carattere globale delle Maestre Pie: “ Abbiamo a cuore la relazione con tutte le nostre realtà mondiali: USA (Louisiana), Messico, Brasile, Bangladesh, Zimbabwe. Nelle periferie di questi Paesi ci sono scuole, perché l’educazione deve partire dai luoghi meno fortunati”.
A Rimini e in particolare nella scuola di secondo grado, troviamo una figura che ricalca questa scia del nuovo che si innesta sulla tradizione. Giovanni Pretolani (nella foto) è il coordinatore didattico-educativo dei Licei e dell’Istruzione Professionale dall’anno scolastico 2021/2022, dopo aver preso in mano nel 2017 la secondaria di primo grado (scuola media), spazio che ora condivide con il prof. Manuel Mussoni.
Abbiamo fatto con lui una lunga chiacchierata, toccando tanti temi forti.
Come ci si sente ad essere il primo “preside” laico delle superiori delle Maestre Pie?
“Cerco di vivere questo percorso come una missione. La passione per l’educazione mi ha sempre spinto a spendermi per quella che ritengo essere una vocazione. Prima di questo ruolo, sono stato per tanti anni collega (di Storia dell’Arte) di molti docenti che tutt’ora lavorano qui. Non è un passaggio automatico e semplice”.
Quali novità in questi anni?
“Una questione che mi sta molto a cuore è la continuità didattica: un ragazzo che entra all’età di 6 anni dev’essere stimolato a continuare fino ai 19, crescendo in un ambiente sano e costruttivo. Per ottenere questo obiettivo stiamo lavorando in sinergia: ogni livello didattico dev’essere ben integrato e non a compartimenti stagni”.
Su quali aspetti sta improntando il suo lavoro?
“In primis c’è e ci sarà sempre il carisma di Madre Elisabetta.
Fondamentale è poi il percorso in Fidae, la federazione delle scuole cattoliche italiane, che mi permette di avere una chiave di lettura dellacontemporaneità. E indubbiamente sto lavorando sul mio ruolo rispetto al corpo docenti: occorre rigenerare relazioni. Il rapporto con gli insegnanti va costantemente coltivato e messo in discussione, perché alla fine dei conti la scuola è un fatto umano”.
Parliamo degli obiettivi formativi della scuola.
“Ci tengo a menzionare il riferimento di suor Serena Pinotti, la nuova madre generale dell’ordine MPDA. Il filo conduttore con lei è vivo e forte.
Il territorio ha bisogno di essere ascoltato e soddisfatto, costruendo una scuola dell’accoglienza e dell’adattabilità.
In questi anni stiamo impostando una serie di attività che affiancano la didattica ordinaria. E mi riferisco a vari assi culturali. Lo sport, che include e stimola al miglioramento personale, le lingue, in linea con un territorio votato alla globalizzazione e il teatro, regolare ora di lezione che permette la socialità e la maturazione personale”.
Quale rapporto vede tra i giovani e l’educazione cristiana?
“Rivolgersi ad una fascia d’età che tende ad allontanarsi dalla fede non è affatto agevole. Credo sia importante che in primis regni comunione tra i docenti, perché con l’esempio si educa meglio che con milioni di parole.
Concretamente cosa accade? Ci sono momenti di spiritualità ad hoc per gli insegnanti, la preghiera mattutina vissuta in classe e vari incontri dove i ragazzi sono chiamati a riflettere”.
Come gestite la questione cellulare?
“Il collegio dei docenti ha preso una decisione forte: ogni mattina i cellulari verranno raccolti e poi riconsegnati al termine delle lezioni.
Crediamo sia la strada giusta per sensibilizzare i ragazzi e far comprendere loro il significato di questa privazione”.
Esiste ancora la famosa “alleanza educativa” con le famiglie?
“Noi non ci definiamo scuola ma comunità scolastica. I ragazzi hanno spazi e tempi per vivere la scuola anche al di là della mattinata scolastica. Intendiamo valorizzare i singoli e allargare sempre di più la famiglia”.
Tommaso Mazzuca