Una piccola opera-segno capace di superare il mezzo milione di contrubuti. E di avviare al lavoro 108 persone, con 30 contratti ancora in corso. Parlare di miracolo per il Fondo per il Lavoro istituito dalla Diocesi in occasione della solennità di San Gaudenzo nell’ottobre 2013, non è appropriato, ma definirlo: “Una bella idea che fa onore alla comunità riminese”<+testo_band>, come ha fatto l’economista Stefano Zamagni è più che giustificato. E il Fondo è stato preso a modello anche dalle diocesi di Cesena e soprattutto Bologna. In poco più di tre anni l’inziativa è stata capace di mobilitare enti, associazioni, parrocchie, movimenti ecclesiali, istituzioni e tanti, tantissimi privati e in forme diverse tra loro per sensibilità e creatività. Un piccolo grande contributo all’emergenza occupazionale, e al contempo di portare con sé una esplicita finalità educativa di fronte a piaghe come disoccupazione giovanile e perdita del lavoro.
Il coordinatore del Fondo, Roberto Casadei Menghi, fa i conti con giustificata soddifsazione.
Oltre mezzo milione di contributi in poco più di tre anni. Dica la verità, Casadei Menghi, non ve l’aspettavate neppure voi una risposta del genere. “502.000 euro, per la precisione. È il risultato di una libera scelta che ha coinvolto parrocchie, religiosi, associazioni, comuni, banche, sindacati, imprese e cittadini.
Nel Fondo costituito da un Conto corrente bancario attivato presso la Caritas diocesana (Associazione di volontariato Madonna della carità), la Diocesi ha dato il buon esempio versando da subito 50.000 euro, e la Caritas diocesana si è subito accodata versando lo stesso importo. Poi sono «piovute» adesioni di ogni tipo”.
Erogazioni caratterizzate da una certa creatività.
“Proprio così. Gli esempi sono tanti e differenti. Zenta di Borg ha messo in piedi e devoluto il ricavato di quattro lotterie solidali. risultato: 47.000 euro. Lo stesso importo è stato versato dalle Acli provinciali di Rimini da ben quattro stagioni devolvono il 5 per mille raccolto nella dichiarazione dei redditi. Curioso il caso di un azienda riminese che, non potendo assumere dipendenti, ha inteso però contribuire con una donazione da 30.000 euro.
La cooperativa sociale La Formica, invece, per festeggiare i 20 anni di attività, non si è dimenticata di chi è più svantaggiato: alla donazione di 20.000 euro ha aggiunto per due anni una raccolta fondi tra i propri dipendenti che ha fruttato ulteriori 10.000 euro.
Anche un sindacato come la Cgil ha voluto far sentire la sua voce: un’iniziativa all’interno di una azienda metalmeccanica riminese di devoluzione ore-lavoro, ha portato alle casse del Fondo ulteriori 7.000 euro”.
Una pioggia di aiuti e interventi i più disparati. Con un unico denoiminatore: il cuore grande dei riminesi e l’attenzione al tema del lavoro. “Il Fondo è un «piccolo» segno visibile fortemente voluto dalla Chiesa riminese perché nella situazione di grave crisi occupazionale (di cui tutti abbiamo diretta conoscenza) la parola «solidarietà» non andasse scomparendo dal vocabolario, e i costanti richiami di Papa Francesco sulla necessità di dare lavoro per dare dignità e contro la globalizzazione dell’indifferenza, non rimanessero inascoltati. Mi pare che abbia sortito l’effetto desiderato”.
La Chiesa riminese come ha risposto all’appello? “Con una coralità straordinaria. La chiesa riminese ha operato anche come una sorta di «sportello informativo», accogliendo nei vari ambiti diocesani (dai centri di ascolto delle Caritas alle parrocchie) le richieste di occupazione attraverso una prima valutazione.
Si è spesa a tutto campo a livello educativo e ha raccolto e donato soldi. In mille modi diversi. La parrocchia di San Salvatore ha donato 3.000 euro frutto delle offerte delle benedizioni pasquali, mentre realtà come la parrocchia di San Girolamo e la parrocchia del Sacro Cuore Immacolato di Maria di Miramare
han subito donato 10.000”.
Anche i privati si sono rivolti alla Caritas per contribuire al Fondo? “Tanti benefattori si sono rivolti direttamente al Fondo con versamenti in busta chiusa. Anche piccoli importi da 30/50 euro che assomigliano tanto ai due spiccioli della vedova del Vangelo…
Il padre di suor Laura Pagliani, che ha pronunciato la professione temporanea tra le Sorelle Povere di Santa Chiara a Rimini, memore della fatica da lui stesso vissuta da disoccupato, ha inteso donare tutte le offerte raccolte in occasione della festa della figlia, ben 4.200 euro”.
Paolo Guiducci