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CASSA INTEGRAZIONE, ALLARME ROSSO

Zoli, Cisl metalmeccanici Romagna: “Servono politiche industriali mirate per valorizzare le imprese del territorio”

Numeri che in un anno sono quasi raddoppiati.

Ma non è una buona notizia. Si tratta, infatti, dei numeri relativi alla situazione della cassa integrazione a Rimini e in Romagna. Percentuali che scattano una fotografia allarmante, segno di un contesto economico in forte crisi per quanto riguarda alcuni settori rappresentativi del territorio.

Nello specifico, secondo quanto riportano le elaborazioni dell’Osservatorio Economico della Camera di Commercio della Romagna su dati INPS (aggiornati a dicembre), in Romagna nel 2024 sono state oltre 7 milioni e 650mila le ore di cassa integrazione complessivamente autorizzate, rappresentando un incremento del 55% rispetto al 2023. Incremento dovuto soprattutto al contesto riminese, che sempre secondo gli stessi dati fa registrare nel 2024 un aumento delle ore autorizzate addirittura del 81,9% rispetto all’anno precedente, arrivando a superare quota 5 milioni e 151mila.

A inquietare, dunque, è soprattutto il dato riminese, che colloca la provincia all’undicesimo posto della graduatoria elaborata da Il Sole 24 Ore relativa proprio agli incrementi delle ore di cassa integrazione in tutta Italia. Un trend che vede un’impennata, ma che già aveva suscitato preoccupazione negli anni scorsi: è almeno dal 2022 che il dato della cassa integrazione è in crescita in tutte le province del territorio (dati INPS), passando da 3.264.987 nel 2022 a 3.971.186 ore nel 2023 (+21,63%) per quanto riguarda Rimini.

 Se siamo ai primi posti nel Paese – spiega Francesca Lilla Parco, segretaria generale della Cgil Rimini  lo si deve al fatto che i due settori più forti dell’economia provinciale sono l’abbigliamento e la meccanica, ovvero quelli che stanno soffrendo di più a livello nazionale”.

Metalmeccanica, crisi profonda

E proprio guardando a uno dei comparti più significativi dell’economia del territorio la situazione appare ancora più allarmante. Secondo quanto riportato da Cisl Romagna, infatti, nei primi sette mesi del 2024 il settore metalmeccanico della Romagna fa registrare un incremento addirittura del 93% rispetto allo stesso periodo del 2023, per quanto riguarda le ore di cassa integrazione, passate dalle 2 milioni 646mila del 2023 alle oltre 5 milioni 109mila del 2024. E, anche in questo caso, è la provincia di Rimini a risultare la più colpita da questi incrementi, segnando un aumento che supera addirittura il 162%: da 1 milione 287mila ore nel 2023 a quasi 3 milioni 376mila nel 2024.

Come si è arrivati a una situazione del genere? E come uscirne? Analizza la situazione Riccardo Zoli, Segretario generale FIM (Funzione Italiana Metalmeccanici) Cisl Romagna.

Il dato del 2024 è preoccupante. Un aumento delle ore di cassa integrazione che ormai da tempo è segno di una situazione di forte difficoltà che coinvolge tutto il territorio romagnolo e non solo singole realtà. Soffre in particolare la metalmeccanica artigiana, seguita dal settore degli elettrodomestici assieme a quello siderurgico, dell’idrotermosanitario e delle macchine per l’agricoltura. E si tratta di numeri che potrebbero continuare ad aumentare”.

Quali le possibili cause?

 Lo scenario è eterogeneo. Sicuramente in alcuni comparti si sente l’effetto di una forte competitività anche da parte di produttori internazionali, e si registra soprattutto un rallentamento per quanto riguarda le politiche industriali: c’è la necessità, a livello locale, regionale e nazionale, di politiche che prevedano interventi mirati ad aiutare i settori più in difficoltà, finalizzati a valorizzare quelle aziende che producono nel territorio italiano e i cui prodotti rappresentano eccellenze da esportare in tutto il mondo. Tutto questo va poi inserito in un contesto internazionale complesso: gli attuali conflitti in Ucraina e Medio Oriente, i problemi legati al Canale di Suez e in Yemen contribuiscono ad acutizzare i problemi, legati all’approvvigionamento di materie prime, ai rincari dei costi dell’energia e ai dazi doganali”.

Come invertire la rotta?

 Come organizzazione sindacale dobbiamo interrogarci e ragionare su quale sia la politica industriale più adeguata da adottare a livello locale, regionale e nazionale, di concerto con tutti i soggetti che abbiamo di fronte, come associazioni datoriali ed enti pubblici. Se non facciamo questo rischiamo di perdere le professionalità e le competenze dei nostri lavoratori, costruite con anni di esperienza. Perdite che avrebbero effetti devastanti, non solo per l’industria ma per l’intera economia romagnola. È fondamentale promuovere investimenti in innovazione tecnologica e formazione professionale, così da preparare le aziende e i lavoratori alle sfide del futuro e garantire la ripresa del settore”.