Sunday ha 24 anni e viene dalla Nigeria. Mohammed di anni ne ha tre in meno ed è originario della Guinea Bissau, proprio come Cheick. Tutti e tre sono in possesso di un regolare permesso di soggiorno, vivono a Villa Verucchio e hanno terminato da poco il primo periodo di accoglienza previsto dalle leggi dello Stato, secondo le modalità del progetto Sprar.
Le maniche se le sono rimboccate non appena arrivati in paese. Occupazioni, piccoli lavori, a disposizione di chi li chiama, ma non abbastanza per rendersi autosufficienti: “non si tratta di lavori a tempo pieno, ma si stanno dando da fare, lavorano nella ristorazione” spiega il referente Giuseppe Malerba. Il problema principale è che non hanno un luogo dove abitare.
Questo desiderio, questa richiesta, questo bisogno è stato intercettato dalla parrocchia di San Paterniano: è possibile rispondere a questo sos? La domanda può sollecitare un piccolo, ma concreto, gesto di amore da parte di una comunità? Papa Francesco invita a non “ignorare la nostra responsabilità morale, con la dovuta attenzione al bene comune, per accogliere e proteggere coloro che bussano alle nostre porte”. Può dunque una comunità parrocchiale fingere di non ascoltare il grido di tre fratelli che si trovano ora in questa necessità di accoglienza? Consiglio Pastorale Parrocchiale e Caritas parrocchiale, insieme al Convento dei Frati Minori di Santa Croce han preso sul serio la richiesta e si sono interrogati su come rispondere a tale preghiera. “Offriremo loro un aiuto temporaneo, un’abitazione in un appartamento che prendiamo in affitto come parrocchia. – illustra il progetto che ha preso forma a Villa Verucchio il parroco don Paolo Conti – Questo intervento li aiuta nell’immediato, ma li spinge a rendersi autonomi: la loro permanenza in appartamento sarà di breve durata”. E in futuro, dello stesso aiuto, dello stesso progetto potranno trarre vantaggio anche altri giovani, che si trovano magari nelle stesse condizioni dei tre africani.
Il progetto non è a pioggia né illimitato: durerà appena il tempo strettamente necessario. E se da una parte vuole aiutare i ragazzi a rendersi autonomi, dall’altra sollecita la comunità a “inventare” esercizi d’amore. Ogni ragazzo è chiamato infatti a contribuire a tutte le spese della casa: affitto, condominio, cibo, utenze, ecc, in base alle sue entrate. “Quello che eventualmente mancherà al totale, verrà coperto dalla nostra Caritas e da offerte liberali” assicura Giuseppina Dolci.
Per seguire e accompagnare questa esperienza di accoglienza e inserimento, si è costituito un piccolo gruppo di persone: ha il compito di seguire ogni ragazzo nel suo percorso, di amministrare gli aspetti economici, di curare la buona conduzione dell’appartamento e di risolvere gli aspetti giuridici.
In realtà, il progetto è un’opportunità per tutti e ciascuno. Il gruppo non è chiuso e soprattutto ogni parrocchiano e residente può contribuire con un piccolo, concreto gesto di amore: un contributo economico, oppure indicando delle possibilità concrete di lavoro, oppure “rendendosi disponibile ad aiutare i tre ragazzi nelle relazioni e nel loro inserimento nella vita del paese”. Più di un sorriso è apparso sul volto di Sunday, Mohammed e Cheick: nulla hanno ricevuto ma sono già contenti della mobilitazione creatasi. E sono pronti ad impegnarsi in opere di “restituzione sociale”: si metteranno cioè al servizio della parrocchia e del paese, nel tempo libero, per fare qualcosa di utile per gli altri. “È un’esperienza, da vivere insieme, di per sé piccola e semplice – rilancia don Andrea – ma concreta e positiva, per un aiuto mirato a favorire l’inserimento e il futuro di questi giovani, e uno scatto in avanti ciascuno di noi”.