La situazione politica in Afghanistan, dopo la definitiva partenza dei contingenti militari americani e alleati, resta estremamente tesa e in continua evoluzione.
In questo contesto l’UE, i suoi Paesi membri e l’Italia, che hanno una significativa parte di responsabilità in quanto sta avvenendo, devono mettere in campo iniziative all’altezza della tragedia che si svolge davanti ai nostri occhi Il processo di evacuazione che ha interessato alcune migliaia di persone e che non potrà proseguire a causa della chiusura delle operazioni e del progressivo deterioramento della situazione, non può certamente rappresentare l’unica azione messa in atto dai Governi dell’Unione Europea.
Fino ad oggi la quasi totalità dei profughi, rifugiati e sfollati prodotti dalla guerra in Afghanistan, ha trovato accoglienza nei Paesi limitrofi ( soprattutto Pakistan e Iran che hanno accolto il 90% dei 5 milioni di afghani che sono stati costretti a lasciare il Paese); nell’UE negli ultimi dieci anni sono state presentate meno di 700.000 richieste di asilo. A fronte di questo, appaiono inaccettabili le conclusioni del Consiglio UE dei Ministri degli Interni, tenutosi il 31 agosto scorso, che di fatto escludono un impegno degli Stati membri ad accogliere i cittadini afghani in fuga, scaricando gli oneri sui paesi limitrofi e ribadendo l’obiettivo prioritario della protezione dei confini esterni dagli ingressi non autorizzati.
Occorre invece intervenire tramite la realizzazione di un ampio programma di trasferimenti/ricollocamenti dei cittadini afghani da attuarsi anche dai paesi di transito, tramite un’iniziativa che garantisca l’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri. I Paesi in cui molti cittadini afghani che tentano di raggiungere l’Unione Europea si trovano bloccati, come la Turchia e i Paesi non UE dell’area balcanica, non possono essere considerati Paesi sicuri in merito all’accesso al diritto di asilo.
Particolare attenzione merita poi la situazione della Grecia, paese UE dove si trovano attualmente bloccati migliaia di cittadini afghani in condizioni precarie. Si tratta dunque di realizzare un intervento straordinario che consenta alla minoranza di persone che sceglieranno di non restare nei Paesi confinanti, di viaggiare in sicurezza e legalmente.
Per consentire una soluzione europea condivisa bisogna utilizzare tutti gli strumenti esistenti, inclusi il rilascio di visti umanitari e l’attivazione della Direttiva n. 55/2001/CE, che permette, tra le altre cose, la possibilità di adozione di un ampio piano di evacuazione concordato a livello europeo con ripartizione dell’accoglienza concordata dagli Stati.
“Come Caritas, riteniamo inoltre che debba essere effettuato ogni sforzo per garantire a tutti i cittadini afghani, senza distinzione di genere, religione, provenienza etnica o orientamento politico una maggiore sicurezza in Afghanistan e per assicurare un’adeguata assistenza umanitaria alla popolazione, e in particolare chiediamo all’Italia e all’Unione Europea che siano garantite con urgenza protezione e assistenza umanitaria ai 39 milioni di afghani rimasti nel Paese attraverso il supporto e il finanziamento dei progetti a tutela dei diritti umani della popolazione, e che si definisca un chiaro impegno degli Stati membri a partecipare al meccanismo di reinsediamento di cittadini afghani verso il territorio dell’Unione Europea”.
Tra le misure richieste da Caritas anche l’attuazione della Direttiva 2011/55/CE al fine di assicurare una tutela immediata e temporanea ai cittadini afghani costretti a lasciare il proprio Paese, che ai cittadini afghani venga in ogni caso consentito l’accesso in sicurezza nel territorio dell’UE e che venga sempre consentito l’accesso al territorio dell’Unione Europea e alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale e vengano sospesi i respingimenti.
“ Inoltre – aggiunge Caritas Italia – chiediamo all’Italia: che vengano trasferite alle rappresentanze consolari italiane nei Paesi limitrofi (insieme agli altri servizi consolari) anche le competenze relative al rilascio di visti d’ingresso per i cittadini afghani; che venga consentito l’accesso in Italia di quelle persone che hanno già ricevuto un nulla osta per il ricongiungimento familiare dalle autorità italiane e non sono riusciti ad ottenere il visto; che venga facilitato il reingresso di cittadini afghani titolari di un permesso di soggiorno italiano che, per varie ragioni, risultano essere bloccati in Afghanistan o nei Paesi limitrofi attraverso il rapido rilascio di visti di reingresso, e che si favorisca l’arrivo e l’accoglienza degli studenti universitari attraverso il rilascio di visti d’ingresso per studio”.
Caritas chiede anche l’ampliamento del sistema di accoglienza pubblico e l’assicurazione, per i cittadini afghani, di un immediato accesso alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale e ad un titolo di soggiorno che garantisca loro e, per quanto possibile, i propri familiari attualmente in Afghanistan o in Paesi terzi una adeguata tutela.
Si evidenzia infine come l’emergenza della crisi afgana vada affrontata in un quadro di politiche coerenti che riguardano sia gli interventi di aiuto umanitario che le politiche relative ai programmi di ingresso protetto e di accoglienza. Per tale ragione si sostiene la richiesta già avanzata dalle rappresentanze delle ONG e di enti ed associazioni italiane, di istituire un tavolo di coordinamento unitario sull’Afghanistan che veda il coinvolgimento dei Ministeri interessati, a partire dal MAECI e dal Ministero dell’Interno, delle rappresentanze ONG e di enti ed associazioni italiane afferenti al Tavolo Asilo e Immigrazione, oltre a rappresentanti degli Enti Locali e delle Regioni.
Marcia dell’accoglienza
In occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, domenica 26 settembre 2021, Caritas Italiana, con la collaborazione del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale, organizza un incontro nazionale del progetto APRI in p.zza San Pietro, per l’Angelus di Papa Francesco.
“ Sarà una bella opportunità di confronto e di scambio per quanti sono coinvolti nel progetto, a partire dalle persone accolte, le famiglie tutor, gli operatori Caritas, le parrocchie e tutti coloro che, a vario titolo, collaborano per la buona integrazione sui territori”.
L’appuntamento è per domenica 26 settembre alle ore 9.30 in p.zza Giovanni XXIII, davanti Castel Sant’Angelo, da dove partirà la “marcia dell’accoglienza APRI” che raggiungerà piazza San Pietro.
Il progetto APRI – prosecuzione del Progetto “ Protetto. Rifugiato a casa mia” – è un’iniziativa nazionale avviata lo scorso anno e finalizzata a creare migliori condizioni di integrazione per i migranti rafforzando il loro percorso di autonomia e sensibilizzando le comunità (parrocchie, istituti religiosi, famiglie, etc…) all’accoglienza. L’acronimo del nome richiama i famosi quattro verbi del Papa riferiti ai migranti ( Accogliere, PRoteggere e promuovere, Integrare). Come già sperimentato con “Protetto. Rifugiato a casa mia”, consiste in forme di accoglienza di richiedenti la protezione internazionale e/o di rifugiati, secondo modalità già sperimentate, attraverso il circuito delle Caritas diocesane già coinvolte nella gestione di questa particolare categoria di destinatari.
Finora sono 623 le persone accolte, di cui 186 minori, 53 le diocesi coinvolte, 100 le parrocchie, oltre 60 gli operatori e 350 le famiglie tutor volontarie.
L’intento principale del progetto è di dare centralità alla comunità, intesa come base vitale e sistema di relazioni, in grado di sostenere il processo di inclusione sociale e lavorativa delle persone.
Papa Francesco ci invita a “ Camminare insieme verso un noi sempre più grande, a ricomporre la famiglia umana, per costruire assieme il nostro futuro di giustizia e di pace, assicurando che nessuno rimanga escluso”.