Già nel titolo, l’enciclica sociale di papa Benedetto XVI mostra tutta la sua audacia. Dopo una lunga gestazione, resa ancor più complessa dalla drammatica crisi economica, e segnata dalla ferita inferta all’Abruzzo, papa Ratzinger si inserisce nel solco dei suoi predecessori, riprende il filo della Popolorum progressio di Paolo VI (1967) e vi aggiunge un orizzonte: “la questione sociale è diventata radicalmente antropologica” (n.75). Scienza, economia e politica possono ragionevolmente coniugarsi con una sapienza sull’umano senza la quale nessuno dei grandi problemi contemporanei può essere affrontato con buon esito. Non basta rivestire o accompagnare l’economia e la finanza con qualche discorso morale, ma più radicalmente va avviata “una nuova e approfondita riflessione sul senso dell’economia e dei suoi fini” (n.32).
A quarant’anni dalla Popolorum progressio – definita la Rerum novarum dell’epoca contemporanea – e sulle orme della Sollecitudo rei socialis che ne aveva celebrato il ventennio, Benedetto XVI rilancia l’idea della dottrina sociale della Chiesa come sapienza e sapere a servizio dell’uomo, esercizio di un “amore ricco di intelligenza” e di “intelligenza piena di amore” (n. 30).
Un binomio inscindibile, come inseparabili sono carità e verità, titolo programmatico dell’enciclica. Una carità senza verità è simile alla carità senza giustizia. Un amore senza verità smarrisce il suo senso di dono, cade schiavo delle miserie umane e perde la capacità di assicurare agli uomini un tessuto di relazioni, diventando paradossalmente individualistico, ripiegato nella sua dimensione più psicologica. Carità dunque che non diventi sentimentalismo, e verità che non si riduca a puro raziocinio, ma mostri il vero volto del cristiano, che è poi il vero volto di Dio rivelato in Cristo, verità e amore.
Solo nella verità, la carità diventa forza di liberazione nelle vicende sempre nuove della storia. Economia, lavoro, globalizzazione, sviluppo dei popoli, diritto alla vita, ambiente: l’enclica affronta tutti i temi con cui fa i conti l’uomo contemporaneo. E l’uomo – ribadisce il Papa – è il primo capitale da salvaguardare, la persona, nella sua integrità.
Paolo Guiducci