Abbassare i livelli di inquinamento. Il mondo tutto è in movimento per ridare “respiro” al pianeta. Quello del trasporto privato è uno dei fattori cui vengono attribuite tra le maggiori colpe, di sempre più alti livelli d’inquinamento e di Co2 circolante nell’aria. Non a caso tante città, non solo grandi ma anche medio-piccole come Rimini si adoperano con interventi tipo “blocco del traffico”, obbligando allo stop i veicoli con maggiori livelli di emissione di anidride carbonica nell’ambiente.
Una delle direzioni nelle quali si è mosso l’attuale Governo è stato quello di incentivare il passaggio da una vettura “vecchio tipo” ad una “nuovo tipo” meno inquinante, nonché al passaggio a veicoli che utilizzino combustibili diversi dalla benzina e dal gasolio.
Stiamo parlando di gpl e di metano, che riducono le emissioni di Co2. A dirlo sono le stesse case automobilistiche che parlano di incoraggianti cali dell’11% nel caso di gpl e del 19% nel caso del metano.
Giusto è dire che l’Emilia Romagna può vantare un primato, essendo la regione italiana che più utilizza i combustibili meno inquinanti. Basti pensare che solo dal 2000 al 2006 si sono registrati trend più che positivi. Per il metano la crescita ha toccato il +12,03%, per un passaggio che va da 123 a 138 milioni di metri cubi di combustibile erogato, solo nell’ultimo anno sono stati aperti 20 nuovi impianti. Trend positivo anche per il gpl, +6,43% per i nuovi impianti che dal 2000 al 2006 sono passati da 249 a 265.
Il primato nazionale
Così dall’alto del suo primato nazionale, la Regione Emilia Romagna ha pensato in grande, recependo una legge nazionale sulla liberalizzazione del settore “distribuzione carburanti”, in modo da favorire l’incremento della presenza di pompe di metano e gpl… per lo meno nelle intenzioni.
In realtà la storia di questo recepimento legislativo ha suscitato qualche perplessità e sollevato altrettanti polemiche.
Ma andiamo con ordine.
La legge nazionale in questione è dell’agosto del 2008 (legge 133). Nel libralizzare il settore, tra le latre cose, elimina quello che le associazioni di categoria hanno sempre imputato come il colpevole del “cartello” delle pompe: la distanza minima tra un distributore e un altro. Abolito questo vincolo il legislatore ha invitato le Regioni ha recepire le disposizioni nazionali. Detto fatto. L’Emilia Romagna considerata la sua tendenza di consumi in tema di carburanti fa una scelta che «incentivi l’utilizzo dei carburanti eco-compatibili» si legge in una nota ufficiale.
Impianti più “liberi”
L’impianto base della norma (Delibera dell’Assemblea legislativa dell’Emilia Romagna del 5 febbraio 2009, con la quale e stata approvata con modifiche la proposta della Giunta Regionale n. 2303 del 22 dicembre 2008 recante “Modifiche alla delibera del Consiglio regionale 8 maggio 2002, n. 355 “Norme regionali di indirizzo programmatico per la razionalizzazione e l’ammodernamento della rete distributiva carburanti”) è semplice: chi aprirà un nuovo impianto di distribuzione di carburanti, dovrà istallare obbligatoriamente almeno altre due pompe, da destinarsi una all’erogazione di metano, l’altra all’erogazione di gpl. Questa la presmessa cui seguono tutta una serie di disposizioni: in primo luogo il funzionamento dei nuovi impianti dovrà essere, esso stesso, alimentato da un sistema di combustibili rinnovabili, o da centrali di fonti rinnovabili che si trovano sul territorio del Comune nel quale nasce il nuovo impianto. Viene richiesta inoltre, una maggiore capienza delle cisterne dei distributori, con l’intento di diminuire i “viaggi” degli automezzi destinati al trasporto carburante. Un pacchetto disposizioni, quindi, che punta al risparmio energetico e al minore impatto possibile di un nuovo impianto. Disposizioni queste, che non interesseranno i distributori delle zone appenniniche e che non prevedono nessun adeguamento per gli impianti già esistenti.
Ed è proprio quest’ultimo aspetto a sollevare qualche perplessità, tanto da portare l’Antitrust a produrre un documento di “risposta”.
L’Antrust bacchetta
Il documento a firma di Antonio Catricalà, presidente dell’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, su segnalazione pervenuta il 25 febbraio, pubblica (il 16 marzo, bollettino n. 8/2009) un documento che in premessa ricorda i motivi per i quali è stata redatta la legge nazionale 133 del 2008 (liberalizzazione del settore di distribuzione dei carburanti) e in seconda battuta riprende l’operato di alcune regioni compresa L’Emilia Romagna. In merito al recepimento e in particolare all’obbligo imposto ai nuovi punti vendita di carburanti di dotarsi si impianti di somministrazione di gpl e di metano. Si legge: «L’Autorita ritiene che obblighi di questo tipo siano idonei ad accrescere significativamente i costi dei nuovi entranti, nonché a ridurre il numero dei soggetti potenzialmente disposti a svolgere questa attività, ad esempio perché accrescono le dimensioni minime richieste per i nuovi impianti riducendo il numero dei siti idonei ad ospitare i nuovi punti vendita (si riferisce in questo caso, alla maggiore capienza delle cisterne per i carburanti, ndr). Atteso che agli operatori gia presenti non viene imposto alcun obbligo analogo, tali previsioni determinano una grave disparita di trattamento a danno delle imprese interessate ad aprire nuovi distributori di carburante, che possono costituire delle vere e proprie barriere all’accesso a questo mercato. Al riguardo, non si può non rilevare come i pur condivisibili obiettivi di tutela ambientale debbano essere perseguiti, se del caso, impiegando strumenti non discriminatori quali, ad esempio, la concessione di incentivi e comunque utilizzando modalità che non creino ingiustificate condizioni di favore per chi e gia attivo nel settore».
Disparità di trattamento, ingiustificate condizioni di favore, l’Antitrust «confida nell’accoglimento delle suesposte considerazioni», ma come hanno accolto questa bagarre i gestori dei distributori?
La posizione di Rimini
Marco Ragni, presiedente della FAIB di Rimini (Federazione Autonoma Italiani Benzinai, Confesercenti) ha le idee molto chiare: “Non escludo che l’Antitrust sia stato imboccato dalla grande distribuzione. Ritengo che stiamo parlando di una buona legge che non crea in nessun modo concorrenza sleale. Non impone limiti all’ingresso”. Ragni spiega come le direttive regionali siano state individuate di concerto con i rappresentanti di categoria e che il vero “divieto” all’ingresso era il limite di distanza minima tra un distributore e un altro, di fatto abolito con la legge dell’agosto 2008. “Un mercato esiste. Adesso ogni casa automobilistica produce dei veicoli che utilizzano questi combustibili. La scelta è giusta”. Ma cosa dire del fatto che le nuove norme non chiedono nessun adeguamento ai gestori dei distributori esistenti? Anche in questo caso Ragni non ritiene esistano “limiti in ingresso per i nuovi soggetti: “Per chi è già sul mercato risulterebbe difficoltoso adeguarsi alle nuove norme. Anche se è vero che si possono fare degli interventi più lievi, come per esempio aumentare il numero di erogatori nei multiservice”. Operazioni che andrebbero a soddisfare un’ulteriore richiesta della norma regionale ossia un più agevole accesso alle forme alternative di combustibili (previste maggiori aperture).
L’Antitrust ha ragione
A pensarlo e Gioenzo Renzi, consigliere regionale del Pdl, che dopo aver constatato che il settore in questione è di competenza esclusiva dello Stato, condivide la segnalazione dell’Autorità garante.“Esiste un conflitto che deve essere sanato. Quanto prima sarò io stesso a presentare ufficialmente un’interpellanza alla Giunta, per notificare la delibera e ritornare in Commissione. La Regione deve adeguarsi a quanto dice la legge dello Stato”.
Angela De Rubeis