Chi mi ama mi segua”, “La pancia non c’è più” e “fate l’amore con il sapore” non sono più semplici spot. E nemmeno volgarmente tormentoni. Sono così entrati a far parte dell’immaginario collettivo degli ultimi 50 anni, che non pochi italiani si mettono sulle tracce del Mulino Bianco per le loro cultural-gite fuoriporta. La pubblicità, dunque. Invadente o divertente? Un’arte o una truffa? Un volgare raggiro o un arte elegante? A rispondere a questi gustosi interrogativi ci ha pensato uno dei più geniali creativi italiani, Roberto Parisi. Allievo di Emanuele Pirella (dal quale ha ricevuto in eredità la famosa macchina per scrivere), fondatore di Eretici e Se, il 60enne Parisi è autore di innumerevoli campagne per Barilla, Bormioli, Max Mara e Simply, solo per citarne qualcuna. <+cors>(S)Offerta speciale. Le 7 vite della pubblicità<+testo_band> è il suo primo libro. E per presentarlo ha scelto una location quantomeno insolita: il monastero delle suore Agostiniane di Pennabilli.
Parisi, come le è venuto in mente di parlare di pubblicità e di uno spaccato di vita italiana, all’intrno di un monastero di clausura?
“È un luogo speciale per la presenza di queste religiose, ma quasi naturale per me che mi considero cittadino elettivo di questa Valmarecchia. Mia moglie, Michela Poggioli, è originaria di Maciano di Pennabilli, i suoceri vivono a Rimini, dove anch’io trascorro diversi periodi dell’anno”.
La scorsa estate l’abbiamo vista a Rimini. (S)Offerta speciale (edito da Sei) è stato scritto invece tra Maciano e Milano. In 190 pagine mette in fila gli spot dell’ultimo mezzo secolo, ma in realtà la critica del mondo degli spot è una lettura in controluce della contemporaneità. Un sonante esempio?
“Tutti applaudiamo incollati al piccolo schermo ‘Affari tuoi’, nessuno fa notare che il format fa leva sugli elementi del gioco d’azzardo e della roulette. E la comunicazione relativa al gioco è una sorta di foglia di fico su un fenomeno che meriterebbe invece un atteggiamento più franco ed esplicito”.
Lei è decisamente parte in causa, eppure declina lo scintillante mondo della pubblicità (e della società che la alimenta) attraverso sette versi esistenziali: amare, giocare, mangiare, lavorare, invecchiare, morire e rinascere. Il penultimo è un verbo poco usuale.
“La morte nell’attuale nostra società è un tabù, ma penso che occuparsene – senza per questo far pubblicità alla morte – aiuti a vivere meglio. Averne una sana consapevolezza. invece è un tema che si tocca poco e malvolentieri, quando invece fa parte del ciclo naturale della vita ed è intimamente legata alla speranza e al rinascere”.
Era destinato a raccogliere l’eredità di Pirella, invece ha preferito salutare quell’azienda e fondare due realtà tutte sue, ma di dimensioni più ridotte.
“Mi piace lavorare per strutture agili che non devono sottostare troppo al ricatto dei numeri, in questa epoca dove si è passati da Maigret ai Ris, cioè dalle intuizioni ai numeri e tutto accade in maniera compulsiva. E piatta: basta osservare i noiosi spot dei giochi d’azzardo o delle lotterie che si chiudono con la farisaica allerta sulla loro pericolosità sociale letta in tutta fretta in chiusura di spot”.
È vero che l’idea del libro le è arrivata direttamente da Vincenzo Ulisse Jacomuzzi. L’ad della Società editrice internazionale di Torino che, perseguitato dall’ennesimo spot assillante e avvilente, le ha chiesto un «arguto pamphlet che incida e insista sulle offese della pubblicità»?
“Ho accettato con il timore di avere a disposizione un magro caricatore di parole, abituato come sono a condensare tutto in slogan. Ma si è trattato solo di partire, per arrivare da un progetto di critica del mondo dello spot, ad un’analisi del nostro mondo tout court”.
I sette verbi che lei utilizza nel libro come bussola, per cui – come i nomi dei sette nani – vanno mandati a memoria e senza dimenticarne alcuno. Per cercare di capire se “La pubblicità è l’anima del commercio” (come disse l’imprenditore Henry Ford) o piuttosto, secondo il suggerimento dello sceneggiatore e regista Marcello Marchesi: “La pubblicità è il commercio dell’anima”.
In ogni caso la pubblicità non morirà mai.
Proprio come Rimini capitale estiva del turismo. Chissà che il creativo non faccia un pensierino per una campagna della riviera…
Paolo Guiducci