Cara acqua, bene… Comune

    Cara acqua, quanto ci costi… È il caso di dirlo stando alle tariffe del servizio idrico integrato nell’ultimo decennio. Le stime elaborate dall’osservatorio di Federconsumatori Rimini non sono rassicuranti. “Se nel 2001 una famiglia riminese che consuma in un anno 200 metri cubi d’acqua, spendeva in media in un anno 226,60 euro – calcola il presidente Andrea Bascucci – nel 2009 la spesa è salita a 328,95 euro, con incrementi sempre superiori al dato inflattivo”.
    Del perché di questi aumenti tariffari, dei pregi e difetti dell’attuale sistema di gestione e del quadro che si prospetta dopo l’approvazione del decreto Ronchi (riforma della gestione dei servizi pubblici) che prevede la privatizzazione anche per l’acqua del rubinetto, si è discusso nell’ultima puntata di Tutto Rimini Economia, il talk show in onda tutti i giovedì su Icaro Tv (ore 21) a cura della redazione de il Ponte-TRE.

    Investimenti, paga l’utente
    Oggi il servizio idrico integrato in provincia di Rimini è gestito da un unico soggetto in regime di monopolio (Hera Spa) a partecipazione pubblica. L’attività di Hera è controllata da Ato, l’Authority provinciale dei servizi (oggi estesa anche ai 7 comuni dell’alta Valmarecchia). È Ato a regolare attraverso l’assemblea dei sindaci di tutti i 27 comuni, la gestione e la fornitura dei servizi pubblici locali (acquedotto, fognatura e depurazione in materia di servizio idrico, oltre ai rifiuti solidi urbani). Ed è proprio Ato a decidere sulle tariffe. Ora, se le bollette riminesi sono tra le più convenienti in regione (la nostra provincia, riconosce Federconsumatori, è al terzo posto per economicità) perché questo trend in ascesa?
    Il direttore di Ato, Carlo Casadei, parte da una premessa: “Dai nostri dati emerge che il consumo medio di una famiglia riminese non è di 200 metri cubi annui, cifra ottenuta facendo la media con le utenze non domestiche, ma di 160 metri cubi. Dunque – chiarisce Casadei – la spesa complessiva annuale è di 262 euro con Iva, il che implica una spesa procapite di 87 euro annui e di 70 centesimi al giorno per circa 400 litri d’acqua”.
    Gli aumenti però restano. “Dal 2001 lo Stato non investe più nel settore quindi tutti gli investimenti sono messi in carico alle tariffe locali” replica Casadei. E i Comuni? “Bloccati dal patto di stabilità”. Se poi si aggiunge, ricorda il direttore di Ato Rimini, che “la Regione ha inserito nella tariffa anche voci prima pagate direttamente dai Comuni, come la gestione delle acque bianche”, e che il costo dei fanghi di depurazione a seguito delle nuove normative, “è salito da 20 a 117 euro a tonnellata”, il risultato è sempre lo stesso: la quasi totalità degli investimenti (il 75% a livello nazionale, manca invece il dato provinciale) è a carico degli utenti. Investimenti che, aggiunge Casadei, “secondo un documento della Regione che analizza i piani d’ambito, nel territorio riminese sono maggiori rispetto agli altri Ato emiliano-romagnoli”.
    La conferma arriva da Edolo Minarelli, direttore Hera Rimini: “Tutti gli investimenti che oggi si fanno per il servizio idrico sono proporzionali agli aumenti tariffari. E vengono ripagati con le bollette solo in 25-30 anni”.

    Conflitti d’interessi?
    Possibile che non ci siano alternative? Possibile che oggi cada tutto sulle spalle dell’utenza? “L’utente deve essere educato ad un corretto uso del bene visto che nella tariffa la voce che pesa di più è l’acquedotto, cioè il consumo effettivo” sottolinea Bascucci di Federconsumatori. Che aggiunge un dettaglio di non poco conto: “Hera è una Spa quindi deve distribuire gli utili ai propri azionisti tra cui i Comuni che sono nell’organo di vigilanza di Ato ma, al tempo stesso, hanno tutto l’interesse a mantenere il costo della tariffa alto perché serve ai loro bilanci”. Pronta la replica di Casadei: “Gli aumenti sono fatti in base ad un metodo tariffario nazionale, non si fanno aumenti in funzione della possibilità di recuperare denaro”.
    Ma sono i Comuni a decidere o è Hera a fare delle proposte che poi vengono più o meno accettate da Ato? Minarelli porta un esempio: “Non tutti i costi di Hera in materia di servizio idrico, che vengono proposti all’assemblea dei sindaci, sono riconosciuti. C’è una verifica attenta da parte di Ato cui spetta anche l’ultima decisione”. Dunque Hera fa delle proposte che non sempre vengono accolte. Quanto agli utili, Minarelli assicura che “Hera ha più utili dalle attività che sono sul mercato (gas, energia elettrica, teleriscaldamento e rifiuti) piuttosto che dal servizio idrico gestito in monopolio”.

    Comitato utenti, addio?
    Negli studi di Icaro Tv il presidente di Federconsumatori Rimini continua però a sottolineare che qualcosa, nell’attuale sistema, resta “inquinato”. Un esempio è dato dall’abrogazione a livello provinciale del Comitato consultivo degli utenti che fino al 2009 faceva parte di Ato. Una normativa regionale ha spostato tutto a Bologna, creando un unico comitato utenti in Emilia Romagna. “Il sistema – lamenta Bascucci – sta allontanando sempre più i cittadini dal processo decisionale. Scelte relative alla tariffa agevolata o ai contributi per le utenze svantaggiate, importanti per le famiglie, dovrebbero veder partecipi gli utenti. E invece…”. Al di là della normativa regionale, ciò non toglie che Provincia e Comuni possano far qualcosa per coinvolgere l’utenza, magari ricreando un comitato utenti nell’ambito dell’Ato provinciale. Casadei conferma, anche se al momento resta difficile, se non impossibile per gli enti decidere: “C’è una riforma in atto per quanto riguarda le Authority locali. Aspettiamo di vedere come andranno le cose”.
    Già, perché è possibile, come affermato anche da fonti regionali, che dal 2011 gli Ato provinciali vengano soppressi a favore di un’unica grande Authority emiliano-romagnola. Solo ipotesi, per ora.

    Alessandra Leardini