Secondo il Rapporto di Unioncamere sul valore dell’economia del mare in Italia l’Emilia Romagna, e in particolare il territorio riminese, rappresentano una punta di diamante. Molto positivi, infatti, i numeri che riguardano il tessuto imprenditoriale, l’indotto e l’export (tutti i dati del Rapporto di Unioncamere sono analizzati nell’articolo dedicato). Numeri, in un certo senso, prevedibili per quanto concerne le attività di alloggio e ristorazione, ma che non sono così scontati quando si parla del settore ittico e della cantieristica. Un territorio, dunque, che non emerge solo per la famosa accoglienza romagnola, ma che macina indotto anche dietro le quinte del cosiddetto “divertimentificio della Riviera”. Come si arriva a risultati del genere? Qual è la situazione dell’economia “blu” del territorio, dal punto di vista di chi, quei risultati, contribuisce a produrli? E soprattutto: sotto la superificie dei grandi numeri, è tutto rosa e fiori?
Le difficoltà della tradizione
“Sono numeri importanti – rispondono dallo storico cantiere navale riminese Carlini – ma che, modestamente, non credo siano molto influenzati dalla nostra produzione. Questi numeri li fanno le grandi realtà cantieristiche, soprattutto producendo per l’estero”.
Non c’è spazio, dunque, per realtà più piccole?
“Per quello che vediamo oggi c’è movimento solo per quanto riguarda il mercato medio-alto. Per le imbarcazioni più piccole e contenute di prezzo, sia per la produzione sia per le riparazioni, il mercato è molto più fermo. Non solo: per quanto riguarda noi, che viviamo una realtà particolare, legata alla vela, al legno e alla tradizione, è tutto ancora più difficile. Viviamo di restauri e riparazioni, ma con la costruzione siamo fermi”.
Perché questo?
“Non è una questione solo economica. È in atto da tempo un vero cambio culturale e di mentalità: c’è negli ultimi tempi una rinascita di interesse, soprattutto dall’estero, per barche a vela in legno di piccole dimensioni, per uscite giornaliere e poco di più, ma in generale oggi il mercato punta sulle imbarcazioni a motore, di grandi dimensioni, in cui il valore più importante è l’elemento tecnologico. Non c’è più la mentalità della barca di famiglia che si tramanda di generazione in generazione. Il nostro mondo, fatto di artigianato puro e legato al legno, non arriva a fatturati in grado di muovere i grandi numeri di cui si parla oggi”.
Il mercato del lusso
Ciò che oggi sposta davvero gli equilibri, dunque, è il mercato medio-alto, delle grandi imbarcazioni, del lusso. Rimanendo in Romagna, tra i migliori rappresentanti di questa categoria c’è sicuramente il Gruppo Ferretti, grande produttore ed esportatore di yacht.
“I cantieri del Gruppo Ferretti danno un contributo importante alla nostra economia del mare. – spiega l’avvocato Alberto Galassi, amministratore delegato di Ferretti Group, la cui sede centrale è a Forlì – Siamo in ottima forma e facciamo la nostra parte per rendere l’Italia il primo produttore di imbarcazioni da diporto oltre i 24 metri. Questo nonostante le attuali tensioni macroeconomiche, il che dimostra la solidità del comparto”.
Un contributo che non può che riflettersi anche in tutto il territorio locale. “Gli storici stabilimenti di Forlì e Cattolica sono cuore e polmoni di Ferretti Group e creano prosperità per tutta l’area emiliano-romagnola. Basti pensare che dei nostri oltre 1.530 dipendenti diretti ben 574 sono impiegati sul territorio, generando così un indotto di oltre 2.500 posti di lavoro tra partner esclusivi e fornitori. E parliamo di una filiera produttiva di primo livello, che esporta nel mondo qualità e Made in Italy. Crediamo fortemente nelle capacità dell’area emiliano-romagnola e stiamo investendo in modo importante sul territorio, nella certezza che qui si lavora a regola d’arte e vi sono varie potenzialità di crescita”.