Oriana e Giovanni sono nonni ormai da tempo. E senza mai aver camminato. La santificazione del “loro” Amato, come affettuosamente chiamano il compaesano Ronconi, li ha convinti: “andiamo a Roma a piedi”. Quella che pareva una boutade (“la causa per il beato Amato dura da 700 anni, forse lo vedranno santo i nostri nipoti…”), è improvvisamente diventata realtà all’annuncio, nella scorsa primavera, della santificazione del terziario francescano di Saludecio. Appuntamento il 23 novembre in piazza San Pietro, con papa Francesco.
175 anni in due, Oriana Scansa e Giovanni Piccioni, marito e moglie, affiancati dall’amico Marino e dal sindaco Dilvo Polidori, non potevano tornare sui loro passi: c’era una promessa da mantenere. Anche nei confronti di suor Clementina, per anni anima e corpo della casa di riposo nata a Saludecio sulla proprietà di Sant’Amato. “Il 10 novembre, senza alcuna preparazione, siamo partiti da Saludecio, dopo la visita alla tomba di Amato, la benedizione del parroco e il saluto dei saludecesi – racconta Oriana – . La forza del santo mi ha messo le ruote ai piedi”.
Potenza del pellegrinaggio. Quella di Oriana e Giovanni è solo una delle tante storie di pellegrini riminesi che sempre più s’incamminano lungo i sentieri della vita, a Santiago di Compostela ma anche a Roma, La Verna, Sarsina, all’eremo di Carpegna.
“Il pellegrinaggio non è trekking: è una metafora della vita” afferma Franco Boarelli dell’associazione ambientalista Umana Dimora che coniuga esperienza interiore a riscoperta della natura. La passione ha condotto questa associazione riminese ad abbracciare il percorso francescano, il cammino Rimini-La Verna ad esempio. Con l’obiettivo di “collegarci ai cammini già esistenti, e più organizzati, sull’altro lato del crinale appenninico.– prosegue Boarelli – Rimini è la porta a nord est dell’unico cammino francescano che arriva fino a Rieti e prosegue a Roma”.
Partire. Ma perché mettersi in cammino, non importa quanto sia lungo il viaggio? Lo si fa per affrontare la vita con una velocità diversa da quella quotidiana, ma anche per chiedere una grazia, oppure semplicemente per ringraziare. Per pochi giorni o in occasione di una meta lontana, in cammino si va per riscoprire se stessi. “Il pellegrinaggio è una corda che tocca l’anima” è la nota suonata da Vinicio Zeppilli, da anni factotum de La Pedivella. Lui a Santiago di Compostela è arrivato diciassette volte, a piedi, in bicicletta o accompagnando gruppi, ma se la meta è importante decisivo è il cammino che diventa pellegrinaggio. “Per questo tante volte il momento più difficile sono gli ultimi quattro scalini da affrontare all’ingresso della chiesa di Santiago: – assicura Zeppilli – il pellegrinaggio termina, si ritorna a casa e si deve fare i conti con la propria quotidianità”.
Che sia un segno dei tempi, il desiderio nella frenesia odierna di riscoprire il tempo per camminare? Sul tema del pellegrinaggio una voce corale si è levata di recente al Cinema Teatro Tiberio, realtà culturale scelta dall’Acec (associazione cinematografica esercenti cattolici) per rilanciare in loco la rassegna nazionale “Esseri Umani”, passo dopo passo verso un nuovo umanesimo. Il Cinema ha proposto due film (Sei giorni a Santiago e Wild, entrambi sold out) e organizzato una seguitissima tavola rotonda in tivu sugli schermi di IcaroTv.
Le esperienze di pellegrinaggio si susseguono. In Valmarecchia, ad esempio, la Compagnia del Risveglio da qualche anno ha recuperato l’antichissima tradizione del pellegrinaggio alla Madonna del Faggio, sull’Eremo di Carpegna. “La prima volta avevo 5 anni, – ricorda Ferruccio Di Mario, uno degli attuali organizzatori – i miei genitori non volevano portarmi. Piansi talmente tanto che furono costretti a farmi partire”. Da allora non ha saltato neppure una delle settanta edizioni successive. “È una esperienza di popolo, bambini e nonni assieme, si parte da tanti luoghi differenti, con la benedizione del parroco, per ritrovarsi tutti assieme alla Croce dell’Eremo, dove i pellegrini sono accolti dal Vescovo”.
Il pellegrinaggio come dimensione della vita invita anche a partire leggeri, con in spalla solo l’essenziale. “Magari per mettersi nelle mani della Provvidenza – è l’invito di Alice Mingardi – e sperimentare la fraternità lungo il cammino”.
Paolo Guiducci