Sinodo. È indubbiamente la parola del momento nel mondo ecclesiale, magari un po’ abusata e a volte non compresa.
Nella Chiesa cattolica, quest’anno, sono stati lanciati addirittura due “itinerari sinodali”.
Il primo è il Sinodo 2021-2023 della Chiesa universale, intitolato “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione”.
L’altro è il “cammino sinodale” italiano proposto dalla Cei, che si snoderà dal 2021 al 2025, nel solco delle indicazioni emerse nel Convegno ecclesiale di Firenze del 2015, quando il Papa stesso invitò la Chiesa italiana a questo cammino.
Il termine in sé risulta ostico ai più, difficile da maneggiare, ma il suo significato etimologico è chiaro: “ camminare insieme”. Papa Francesco lo usa con grande naturalezza e del “sinodo” ha fatto una delle parole chiave del suo pontificato.
Infatti “camminare insieme” unisce e comunica due caratteristiche fondamentali.
La prima è il dinamismo del concetto di movimento, del camminare, di un processo che vorrebbe condurre al cambiamento. Chi desidera che tutto rimanga uguale non si mette in cammino.
La seconda caratteristica è espressa dal termine “insieme”, che non riguarda un gruppo o pochi, ma una comunità, una famiglia, un popolo, tant’è che Papa Francesco invita a rivolgersi anche a chi non fa parte della Chiesa.
Nella Fratelli tutti (n. 217) li chiama “ processi che possano costruire un popolo capace di raccogliere le differenze”, altroché quelle che la cultura moderna vorrebbe cancellare, quando propone di chiamare “festività” il Natale o di evitare che i musulmani celebrino il Ramadan, perché, debilitati dal digiuno, in quel mese sono poco produttivi.
Certo “camminare insieme”, Vescovo, preti, religiosi e laici, è un concetto facile da esprimere a parole, ma non così facile da mettere in pratica. Non basta affermare, come si fa ripetutamente dal Concilio in poi, che i cristiani tutti hanno in comune il battesimo e una uguale dignità che ne deriva: occorre creare strutture e pratiche ecclesiali, anche decisionali, in chiave autenticamente partecipativa.
Senza necessariamente pensare a dinamismi imperniati al principio di maggioranza, ma certamente capaci di una nuova riflessione sul concetto di autorità, come garante di relazione e comunione, come pure di proporre l’effettiva partecipazione delle donne e dei giovani, tema di un Sinodo, che l’emergenza Covid ci fa sembrare lontano ma, in realtà, ancora tutto da attuare.
In fondo il Sinodo, la sinodalità, è un’esperienza di comunione che ci fa credere ancora, coraggiosamente, nella fecondità dello Spirito Santo, che guida la Chiesa, anche in tempi confusi, liquidi e magmatici, come sono gli attuali. In questa prospettiva la Chiesa riminese, domenica 5 dicembre, si ritrova in assemblea per rimettersi in cammino