Home Sosteniblità CAMBIAMENTI CLIMATICI E TURISMO BALNEARE: COSA ASPETTIAMO A PARLARNE?

CAMBIAMENTI CLIMATICI E TURISMO BALNEARE: COSA ASPETTIAMO A PARLARNE?

Nel Mediterraneo e in Italia il riscaldamento procede del 20% più rapidamente rispetto alla media globale. anticiclone africano piano piano sta sostituendo l’anticiclone delle Azzorre, con conseguenze nefaste

Abbiamo appena salutato il 2024, l’anno più caldo di sempre (da quando misuriamo regolarmente la temperatura globale del pianeta): +1,54 gradi la crescita della temperatura media rispetto all’era preindustriale. Se le temperature resteranno tali anche nel 2025 e oltre, il primo dei due obbiettivi dell’Accordo di Parigi, non superare 1,5 gradi di aumento delle temperature rispetto all’era pre-industriale, ce lo siamo giocato.

Nel Mediterraneo e in Italia, le cose vanno persino peggio che altrove, qui il riscaldamento procede del 20% più rapidamente rispetto alla media globale. Oltre alla drammatica sequenza di eventi estremi (pensiamo solo alle devastanti alluvioni degli ultimi due anni) uno degli effetti più evidenti e marcati dello sconvolgimento climatico in corso è che le estati mediterranee, per decenni dominate dall’anticiclone delle Azzorre, sono ormai pressoché scomparse. Al suo posto, ogni estate, sale l’anticiclone africano, che porta conseguenze nefaste sia quando arriva (temperature molto elevate e siccità) sia quando se ne va (burrasche, bombe d’acqua, tempeste).

Insomma, le nostre estati cambiano, e non possiamo non pensare alle conseguenze di questo, sotto tantissimi punti di vista, uno fra tanti, non certo secondario, le conseguenze sul turismo, una delle nostre principali economie. Obbiettivamente, non sembra che in Italia ci si interroghi più che tanto su questo tema; invece, altrove, si moltiplicano gli studi sulle conseguenze a lungo termine sull’economia turistica.

Da questo punto di vista, uno studio importante è quello commissionato dalla Commissione Europea e pubblicato nel 2023 dal titolo “Impatto regionale del cambiamento climatico sulla domanda turistica in Europa”. Le conclusioni di questa ricerca sono chiare, e preoccupanti, per noi. Si dice infatti che “L’impatto complessivo previsto sulla domanda turistica europea dovrebbe essere positivo, con un aumento previsto dell’1,58% per lo scenario di riscaldamento più elevato”; tutto bene, dunque? Eh no, perché poi continua “ma i risultati aggregati nascondono un elevato grado di eterogeneità tra le regioni.

Troviamo un chiaro schema nord-sud, con aumenti della domanda turistica nelle aree centrali e settentrionali e riduzioni della domanda nelle zone meridionali”. Insomma, come è logico aspettarsi, sarà il nord Europa, godendo di climi più miti ad avvantaggiarsi della situazione,mentre alle nostre latitudini le estati troppo calde modificheranno i flussi turistici. Nei modelli elaborati, più la temperatura si alza, più perderemo presenze nei mesi principali dell’estate, luglio e agosto.

Il bilancio totale sarà in negativo ma aumenteranno le presenze nei mesi primaverili e autunnali: siamo o saremo pronti per questi cambi di scenario? Non sarebbe forse il caso di iniziare ora a parlarne.

Tra l’altro, l’aumento delle temperature e dei fenomeni estremi non sono nemmeno gli unici possibili “deterrenti” verso la richiesta turistica per le nostre località balneari: pensiamo per esempio all’innalzamento del livello del mare e la conseguente erosione delle spiagge e delle coste in generale. Sono temi da affrontare e sui quali intervenire con urgenza. Il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, approvato a dicembre 2023, parla di “possibile perdita di attrattiva del clima mediterraneo che diverrebbe “troppo caldo” o instabile (ondate di caldo, eventi estremi), riduzione dei giorni di copertura nevosa nelle tipiche destinazioni del turismo invernale, erosione delle coste ed eventi meteorologici estremi che mettono a rischio le infrastrutture turistiche balneari e non”.

Il Piano prevede 361 misure da adottare a livello nazionale o regionale, di queste solo 10 sono dedicate al Turismo e 26 dedicate alle Zone Costiere. Il Piano, in ogni caso, ha una scarsa e deficitaria individuazione delle cose da fare e di come finanziarle e manca una visione integrata che dovrebbe consentire di pensare l’adattamento non come mere misure di emergenza o di messa in sicurezza del territorio, ma a misure strutturali. Al di là però delle iniziative di questo governo che ha a più riprese dimostrato di non avere chiara l’emergenza climatica e ambientale in cui ci troviamo, riteniamo che almeno a livello locale il nostro settore turistico e le nostre amministrazioni dovrebbero seriamente iniziare a discutere di questi temi, prima che sia tardi.

Marco Affronte