L’ipotetico incentivo economico per chi va a lavorare in bicicletta è una prospettiva interessante che metterebbe Rimini sullo stesso piano di importanti città europee. Ma una delle nuove frontiere della mobilità a pedali è anche quella delle “autostrade per le biciclette”: percorsi studiati esclusivamente per le due ruote, senza interferenze con la viabilità a motore né quella pedonale riducendo al minimo, oltre alle emissioni, anche il rischio di insulti tra differenti categorie. In Germania, per dire, ne hanno fatta una di 60 km con doppia carreggiata separata per ogni senso di marcia. Perché allora non pensare a un project financing dal basso? Invece di mettersi in tasca i 25 centesimi a chilometro pedalato perché non devolverli alla costruzione di superstrade ciclabili? Lo stesso ragionamento della dinamo: oltre all’elettricità, pedalando si potrebbero produrre anche opere pubbliche. Da noi qualcuno, forse bruciando troppo i tempi, pensa già di destinare a questo scopo il tracciato del TRC. È vero che la superciclabile tedesca di cui sopra l’hanno fatta sul tracciato di una ferrovia in disuso, ma perché ci sia un disuso prima – a rigor di logica – dovrebbe esserci un uso. Il tracciato si trova. A preoccuparmi, in questo suggestivo progetto autostradale, al momento sono invece quei ciclisti riminesi che continuano a stare in mezzo alla strada perché sulle ciclabili non ci vogliono proprio andare. Neanche a pagarli.
Il Caffè Scorretto di Maurizio Ceccarini