Riposava tranquillamente nella cava del Monte Ceti, a Novafeltria, come era solito fare da circa 90 milioni di anni a questa parte, quando il suo sonno è stato turbato dai paleontologi di tutta la Valmarecchia e dell’Italia intera. E così per il rettilone preistorico dai lunghi denti e dal corpo massiccio si sono accese le luci della ribalta. D’altra parte non capita tutti i giorni di rinvenire il cranio fossilizzato di un vertebrato (quasi certamente un rettile carnivoro) vissuto nel periodo Mesozoico, tra i 90 e i 65 milioni di anni fa. Anzi si tratta proprio di un ritrovamento unico nel suo genere in Italia.
L’eccezionale scoperta è avvenuta casualmente nel settembre 2010 (ma è stata resa nota solo ora) nella Cava di Monte Ceti, a Novafeltria, dal cercatore di minerali Paolo Giordani. Lui, autista della Croce Verde di Novafeltria, è un noto appassionato di minerali. Nel tempo libero scandaglia in lungo e in largo la vallata alla ricerca di nuove pietruzze per la sua collezione e per conoscere un po’ di più la Valmarecchia.
“In quella massa informe all’inizio ero convinto di aver trovato un dente di uno squalo, o qualscosa di simile, e così ho proseguito a scavare. – racconta Giordani – Dopo diversi colpi di picchetto ho compreso che poteva essere anche qualcosa d’altro”. Ma il blocco dal quale spuntava il dente del rettilone era corpulento e pesante, tanto che per trasportarlo a casa è intervenuto il fratello. Sistemato il blocco in un carrello e trainato in auto fino all’abitazione di Novafeltria, qui è rimasto silenzioso per un paio di mesi. Qualche occhiata però Giordani gliela lanciava di tanto in tanto fino a quando ha pensato bene di avvertire l’amico Loris Bagli, geologo ed esperto di fossili e siti paleontologici della Romagna e delle Marche.
L’anomalia del pezzo rispetto ai reperti mineralogici presenti in zona è risultata subito evidente. Bagli ha così allertato il Museo della Regina di Cattolica. È bastato uno sguardo alla responsabile Maria Luisa Stoppioni per comprendere che il pezzo meritava un’analisi ulteriore. È entrata così in campo la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna. Il Soprintendente dott. Filippo Maria Gambari e il funzionario dott.ssa Monica Miari a loro volta hanno interpellato il prof. Benedetto Sala, curatore del Museo di Palentologia dell’Università di Ferrara e alcuni restauratori. Dal sopralluogo a Cattolica, dove è custodito il cranio (del diametro max 60 cm x 30), Sala ha immediatamente riconosciuto nel resto fossile il cranio di un vertebrato antichissimo, risalente presumibilmente al Mesozoico e dunque a un periodo per il quale non si conoscono analoghe testimonianze, e non solo in Romagna. A questo punto si è chiesto aiuto al Museo Capellini di Bologna, importante Museo Paleontologico che ha la sua sede nella Facoltà di Geologia dell’Università. E il dott. Federico Fanti, paleontologo del Museo e dottorando presso la Facoltà di Geologia, già impegnato in scavi e ricerche dedicate ai dinosauri: sarà lui a condurre le ricerche per fornire un identikit del “predatore” di Novafeltria.“Le prime notizie relative al cranio massiccio, denti lunghi 15 cm e mandibole molto robuste, – spiega Fanti – fanno pensare a un grande rettile di circa 8/10 metri, che viveva nel vasto mare che un tempo separava Africa e Europa” ben prima della “nascita” dell’Italia che conosciamo oggi.
Sul Le Ceti sono scattate subito altre verifiche, nella speranza di ritrovare altre parti del predatore, “purtroppo senza successo” ammette il Soprintendente Gambari.
Peccato. Ma l’area verrà ancora monitorata nella speranza di rinvenire magari qualche vertebra. Il reperto nelle mani del dott. Fanti è comunque più unico che raro, e certamente fornirà importanti informazioni su un mondo scomparso milioni di anni fa. Male che vada, secondo lo studioso il vertebrato sarà il terzo ritrovamento del genere dopo quelli avvenuti in Appennino: due “pro cugini”, due rettili marini, però più piccoli rispetto a quello di Novafeltria, forse appartenente a una specie del tutto nuova di sauri marini. “Ho le idee abbastanza chiare su ciò che può essere – prosegue il paleontologo – ma preferisco esprimermi dopo gli studi”. Presumibilmente già in autunno Fanti avrà l’onore di “battezzare” il rettilone. Con una dedica allo scopritore, Paolo Giordani, colui che ha ridestato il “predatore”dal sonno milionario.
Paolo Guiducci