La filiera dell’ortofrutta ha chiuso il 2023 con una produzione di 24 milioni di tonnellate su una superficie di 1,3 milioni di ettari e con il lavoro di circa 300mila aziende
Ortofrutta che vale un tesoro. Comparto prezioso, che può diventarlo ancora di più ma che va, soprattutto, difeso e valorizzato.
Può essere questo il messaggio che arriva da un settore che vale miliardi e tanti posti di lavoro, bandiera della buona italianità nel mondo (insieme, per stare sull’agroalimentare, al vino e ai formaggi), ma che vive un periodo complesso e contraddittorio e che, alla Fiera di Rimini appena conclusa, si è messo in mostra. La filiera dell’ortofrutta – stando ad una analisi Ismea – ha chiuso il 2023 con una produzione di 24 milioni di tonnellate su una superficie di 1,3 milioni di ettari e con il lavoro di circa 300mila aziende.
Tra frutta e verdura, il fatturato della fase agricola è arrivato oltre i 16 miliardi, quello della parte industriale è pari a circa 10 miliardi di euro. Per Coldiretti (su dati Istat), invece, lo scorso anno “ il valore delle esportazioni italiane di ortofrutta fresca ha sfiorato i 5,8 miliardi di euro con una crescita di quasi il 10% rispetto all’anno precedente”.
Risultati importanti sui quali però i coltivatori lanciano almeno una allerta: “ Pesa ora – spiegano – il blocco dei traffici sul Mar Rosso legati agli attacchi Houthi che ha quasi dimezzato le esportazioni in quantità di frutta e verdura italiane in Asia (-47%) a gennaio 2024 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”. Ma non è solo questo ad impensierire i produttori.
Altri problemi, molto più vecchi, arrivano sempre dall’embargo russo ai prodotti ortofrutticoli italiani, deciso nell’agosto 2014 in risposta alle
sanzioni Ue dopo l’annessione della Crimea e le tensioni con l’Ucraina poi sfociate in guerra.
Ancora i coltivatori, a questo proposito, ricordano che nel 2013 le esportazioni italiane di frutta e verdura verso la Russia erano state pari a circa 72 milioni di euro. “ Considerato il tasso di incremento delle vendite all’estero di ortofrutta degli ultimi dieci anni –
ragiona una nota – si può stimare che il valore dell’export in Russia potrebbe valere oggi intorno ai 100 milioni di euro”.
Altri problemi, poi, arrivano da tensioni locali (ultimo esempio è quello dell’Austria che ha deciso di limitare l’ingresso delle merci attraverso il Brennero).
Oltre a tutto questo, ci mettono del loro per complicare la vita dei produttori anche l’andamento del clima e la situazione dei trasporti e della logistica.
Per non parlare della necessità di innovare tecniche di produzione e prodotti. Di “innovazione varietale, meccanizzazione e riduzione dei principi attivi nel settore frutticolo” parla Cia-Agricoltori Italiani che aggiunge: “ Il settore frutticolo ha vissuto una situazione estremamente complessa in questi ultimi anni a causa degli eventi climatici estremi, che hanno messo a dura prova la tenuta dei sistemi produttivi e della diffusione di fitopatie sempre più difficili da contrastare”.
Innovazione che significa non solo meccanizzazione ma anche nuovi prodotti che, in agricoltura, prendono il nome di nuove varietà di frutta e verdura più adatte al mercato ma anche più resistenti alle avversità climatiche e biologiche.
Con un ulteriore difficoltà da superare: per avere davvero una nuova varietà ortofrutticola possono volerci anche 20 anni.Tutto questo significa – per le imprese e prima ancora le istituzioni – investimenti e programmazione. Condizioni imprescindibili alle quali si aggiunge una ulteriore fonte di preoccupazione per tutti: la contrazione dei consumi.
Sempre secondo i dati Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), si è registrata una contrazione in quantità degli acquisti di ortofrutticoli.
Nel 2023 sono diminuiti gli acquisti in quantità di agrumi (-7%), patate (-4%) e insalate di IV gamma (-4%); tengono le vendite di frutta (-0,1%) e crescono dell’1% quelli di ortaggi.
Mentre, secondo l’analisi Coldiretti su dati Cso Italy, se nel 2019 le famiglie italiane avevano acquistato 240 chili di prodotti ortofrutticoli, nel 2023 si sono ridotti a 203 chili, con un taglio che ha penalizzato soprattutto la frutta, passata da 128 chili a 107 chili, mentre le verdure sono scese da 112 a 96 chili.
Andrea Zaghi