Bimbi chiusi in una torre d’avorio

    Viene considerato dalla comunità scientifica internazionale “un disturbo pervasivo dello sviluppo che si manifesta entro il terzo anno di età con gravi deficit nelle aree della comunicazione, dell’interazione sociale, dell’immaginazione e con problemi di comportamento, pur accompagnandosi ad un aspetto fisico normale”. Per queste ragioni, nella letteratura di riferimento, i bambini autistici vengono descritti come bambini bellissimi ma distanti, chiusi in una torre d’avorio, chiamati bambini della Luna per la loro distanza dagli altri o bambini pesci per il loro silenzio.
    In provincia di Rimini, sono 107 i minori seguiti per disturbi dello spettro autistico. Di questi, 22 hanno età compresa tra 0 e 5 anni, 34 tra i 6 e i 10, 27 tra i 14 e i 17.
    Il Centro Autismo di Rimini segue 254 pazienti provenienti da diverse regioni italiane, di cui 61 maggiorenni. Nell’intera Emilia Romagna i casi di autismo sono 1.166 (dato alla fine del 2006), in aumento rispetto agli anni precedenti.
    “Oggi, i casi di autismo sono in aumento, non tanto perché di fatto aumentino le persone affette da questa patologia” spiega il dottor Franco Nardocci responsabile del Centro Autismo e Disturbi di Rimini “quanto per l’aumento delle diagnosi, reso possibile da una maggior attenzione pediatrica verso questa malattia, tanto che oggi si effettua l’esame per la diagnosi precoce dell’autismo su tutti i bambini”.
    Il termine autismo indica una malattia biologica del sistema nervoso centrale, costituita da una varietà di situazioni diverse (spettro autistico) accomunate dalla presenza di 3 gruppi di sintomi: disturbi della comunicazione (non solo parole ma anche sorrisi, pianto, gestualità…), disturbi della socializzazione e disturbi del comportamento e dell’immaginazione. Si distinguono casi più o meno gravi a seconda dell’intensità dei sintomi e dell’associazione di un quarto fattore: il ritardo mentale. Queste difficoltà rendono impossibile la costruzione di una rete sociale, impedendo l’acquisizione delle abilità linguistiche e comunicative e complicando il raggiungimento di un’autonomia fisica e psichica.
    “La loro è una disabilità trasparente” afferma Enrico Fantaguzzi, presidente dell’associazione Rimini Autismo e papà di Tommaso 12 anni “all’apparenza mio figlio sembra un ragazzo come gli altri, fa sport, scia, nuota. Ma quando arriva la crisi si butta in terra e grida. E allora chi passa per la strada non capisce e dice frasi come: se fosse mio figlio saprei io come educarlo! Allora io preferisco mettere subito in chiaro la sua disabilità piuttosto che sopportare la pesantezza di quegli sguardi”.
    La patologia si manifesta per lo più entro i 3 anni d’età, in genere in concomitanza con l’inserimento all’asilo nido o alla scuola d’infanzia. Malgrado le varie ipotesi che negli anni sono state formulate, la causa della malattia non è nota, di conseguenza non esiste una terapia specifica, anche se gli ultimi studi sull’autismo indicano di fatto una forte impronta genetica con interazione di più geni quale causa di malattia.
    Attualmente la terapia dell’autismo si basa sostanzialmente su interventi psico-educativi ed educativo-comportamentali. Si tratta di un’educazione continua mirata all’abilitazione dei pazienti, all’acquisizione di competenze il più possibile raffinate e al contenimento della disabilità. Per essere efficace, l’intervento deve essere intensivo e precoce: importante la diagnosi precoce di malattia prima di individuare le abilità del bambino ed instaurare percorsi specifici e diversi da caso a caso per potenziarle. Il lavoro, insegnato ai genitori al Centro, viene poi portato avanti nei vari ambiti di vita del bambino per cui il ruolo centrale nella gestione della malattia lo gioca la famiglia. Com’è facile immaginare, l’inserimento scolastico dei bambini affetti da disturbo autistico è complicato: servono insegnanti di sostegno e classi disposte alla collaborazione, ma soprattutto bisogna abbattere la barriera mentale per cui questi bambini rallenterebbero l’intera classe compromettendone il rendimento scolastico.
    “Nelle classi dove si applica con successo una giusta integrazione scolastica, non solo non ci sono rallentamenti, ma anzi si assiste a una riduzione del disagio giovanile, oltre naturalmente a un miglioramento delle competenze al dialogo. Avere in classe un bambino autistico è un’importantissima esperienza formativa per tutta la classe, che acquisisce la capacità di trovare nuovi canali di comunicazione, competenza indispensabile per il loro futuro”. Per questo Rimini Autismo si fa portavoce nelle scuole dell’esigenza di un’integrazione vera, non solo come necessità per i bambini con autismo ma come risorsa educativa per la classe.
    “Integrazione – spiega Cristina, mamma di Filippo 12 anni – non significa tenere in classe per forza un bambino con autismo o negare la sua disabilità per considerarlo uguale agli altri. Bisogna, invece, applicare il principio dell’I care: riconoscere i suoi limiti, prenderlo in carico e valorizzarlo per le sue potenzialità e qualità, diverse da quelle degli altri bambini ma altrettanto importanti. Questo si realizza attrezzando spazi appositi e pensando volta per volta a soluzioni per superare i tanti problemi che un bambino con autismo e ritardo mentale incontra nella giornata. Purtroppo a Riccione non è stato possibile trovare una scuola media che fosse disposta concretamente ad assistere Filippo, mentre abbiamo trovato un’esperienza splendida alla scuola media Dante Alighieri di Rimini: grazie alla sensibilità di una direttrice lungimirante, l’aula insegnanti è diventata Aula Sorriso dove i bambini con disabilità sono seguiti da educatori qualificati”

    Romina Balducci