Tredici. Tanti sono gli scudetti infilzati dai bucanieri riminesi nei suoi quasi 70 anni di storia, da quando nel 1949 Rimini partecipava un po’ alla garibaldina al campionato di serie A, girone Fibs. Un palmares che fa dei Pirati la seconda squadra più titolata del batti e corri nostrano, dietro a Nettuno (17), però in declino nelle ultime stagioni.
L’ultimo titolo, per molti versi inatteso, è una vittoria di squadra. E di un gruppo di ex giocatori riminesi (Paolo “Ciga” Ceccaroli, Elio Gambuti e Filippo Crociati) che il presidente Rino Zangheri ha voluto sulla tolda del galeone per farlo veleggiare verso nuovi successi dopo il tricolore 2015.
Incompleto, incostante, a volte vittima di amnesie difensive e spesso abulico in attacco, Rimini ha faticato non poco ad agguantare i play off, duellando appassionatamente per tutta la stagione con Parma. Nelle gare decisive, l’indolente ciurma del coach Paolo “Ciga” Ceccaroli (una vita sul monte di lancio con i neroarancio) si è improvvisamente trasformata in un formidabile equipaggio capace di mandare groggy la favorita Bologna (infilzata tre volte in trasferta, dopo essere stati rimontati sul 2-2) e chiudere i conti in finale con i titanici cugini di San Marino. Secco 3-0 e Covo (lo stadio di Rimini) in delirio.
“Discontinui durante la regular season, i riminesi si sono poi divertiti a ribaltare i pronostici nella seconda fase. – è l’analisi di Alberto Crescentini, il giornalista sportivo che al Baseball Rimini ha dedicato il libro Pirati (edizioni ilPonte) – I Pirati han cambiato passo, l’atteggiamento è stato diverso, nessuno ha mollato un’unghia. È stata una vittoria di squadra”.
Un successo frutto dei lanci precisi di Rosario ed Hernandez, delle “mazze da fuoco” Bertagnon e Zappone (un vero tuttofare, questo Lino), la concretezza di Infante. Una vittoria che porta la firma di Federico Celli, mvp della Finals, 22enne prodotto del vivaio riminese.
La storia di Rimini e dei suoi bucanieri è legata doppio filo al suo presidente Rino Zangheri (nella foto ScriviConLaLuce
Fabrizio Petrangeli PHOTO, al centro tra Ceccaroli e il dirigente Gianluca Giani). Quando i Pirati vincevano il primo titolo, nel 1975, Rino era lì al timone del galeone (allora sponsorizzato Cercosti, una vittoria un po’ a sopresa, per la verità), che ha proseguito tra alti e bassi a condurre in porto.
Rino era di nuovo lì la settimana scorsa quando i suoi ragazzi hanno cucito il tredicesimo tricolore sulle casacche. 85 anni, imprenditore nel settore del legno con una azienda anche in Camerun, il simpatico burbero è reduce da una stagione di serissimi guai fisici. “Nei mesi scorsi ho avuto un po’ di guai e anche quando stavo male pensavo al baseball. Mi ha aiutato… – ammette emozionato il pres – Sono stato piuttosto assente, ma il gruppo ha amalgamato nel migliore dei modi giocatori latini e italiani. E io ci ho sempre creduto, sono positivo per natura”.
L’età c’è, gli acciacchi pure, Zangheri “bastone e carota” non fa pronostici sul futuro. “Tutto dipende dalla salute, se sto ancora male sarò costretto a mollare” ma quando si materializza la prospettiva Coppa dei Campioni si riaccende. “Quella Coppa manca dalla nostra bacheca dal 1989 ma le cose potrebbero cambiare”.
Forte dei suoi tredici scudetti, ai quali può aggiungere in bacheca 5 Coppa Italia e 3 Coppa dei Campioni, Zangheri è il più titolato dello sport professionistico d’Italia. Più di Berlusconi, meglio di Panini, Moratti e Agnelli.
Dall’alto delle sue 85 primavere, Zangheri è ancora innamorato pazzo di questo sport, “non c’è niente di simile nelle altre discipline”. E Rimini, grazie al suo “pres” e ad una ciurma di indomiti bucanieri, almeno in questa disciplina all’insegna della mazza e del guantone, può continuare a guardare il resto d’Italia dall’alto verso il basso.
Paolo Guiducci