Il Presidente della nuova Camera di Commercio di Rimini e Forlì-Cesena, Fabrizio Moretti, elenca le priorità: “Occorre favorire lo sviluppo delle start-up, soprattutto quelle che hanno idee innovative. È tempo di far capire agli istituti bancari che se un’azienda ha una progettualità che dimostra di essere sostenibile e affidabile, piuttosto che investire in fideiussioni immobiliari è bene che investano nei business-plan validi degli imprenditori del territorio”
Fare massa critica. Negli ultimi anni vi abbiamo raccontato come lo strumento più valido per sopravvivere alla concorrenza e a una domanda cambiata dagli stravolgimenti della passata recessione, sia l’uscire dal guscio e fare rete con i vicini di casa. Con lo stesso spirito la decennale esperienza di Tutto Rimini Economia è stata messa da quest’anno al servizio dell’ambizioso progetto Tutto Romagna Economia, per raccontare il lavoro, l’industria e i consumi di una sotto-regione dall’identità forte. Un allargamento di sguardi protagonista anche di processi istituzionali come la fusione delle Camere di Commercio romagnole. Una fusione a metà visto che Ravenna ha preferito il gemellaggio con Ferrara e, ad oggi, non sembra ipotizzabile l’aggregazione di questa a Forlì Cesena e Rimini. A dirlo a TRE è Fabrizio Moretti, il neo-presidente della Camera di Commercio di queste ultime province (nella foto insieme agli altri membri del CDA), con cui abbiamo ragionato sullo sviluppo del tessuto economico romagnolo.
Presidente, il lavoro rimane un problema demoralizzante, soprattutto per i giovani. Cosa può fare la nuova Camera di Commercio della Romagna per far crescere l’occupazione?
“Favorire l’occupazione è una conseguenza della crescita delle imprese. Dopo 9 anni di decrescita le imprese devono poter investire nella internazionalizzazione e occorre favorire lo sviluppo delle start-up, soprattutto quelle che hanno idee innovative. La Camera ha, nell’attesa di nominare la Giunta, già incontrato i territori per condividere con le associazioni e le rappresentanze politiche l’obiettivo di mettere insieme le esperienze, le eccellenze e i progetti”.
Qualche esempio concreto di azioni che farebbero bene al sistema economico del territorio?
“A Rimini ad esempio il Piano Strategico sta concretizzando il progetto iniziale. Ora è tempo di cominciare a ragionare in termini di piano strategico della Romagna. Un altro esempio è la business-competition Nuove idee nuove imprese che premia i migliori nuovi progetti imprenditoriali. Vogliamo estenderla al territorio di Forlì-Cesena dove è stata negli ultimi anni creata una forte rete di imprese innovative”.
A proposito di grandi centri di innovazione, non le sembra che l’incubatore riminese ‘Innovation Square’ sia partito a rilento rispetto ai grandi annunci iniziali?
“Bisogna dare tempo al tempo. Ci sono professionisti che vi stanno lavorando, ma prima di poter cogliere risultati tangibili bisogna dare modo alle strutture di entrare a regime. Per questo stiamo cercando di mettere insieme Camera di Commercio, Università, Piano Strategico, associazioni e fondazioni al fine di creare iniziative che non siano frammentarie. Stiamo lavorando affinché le start-up che escono da Nuove idee entrino in quell’incubatore”.
Come aiutare le start-up?
“Piuttosto che dare un riconoscimento in denaro che non dà certezza di efficacia a quelle che arrivano alla fase finale dalla business- competition, la nostra idea è quella fornire loro gli strumenti per far sì che si strutturino al fine di garantirne la continuità. Non basta l’idea: occorre capacità manageriale”.
Anche la migliore idea imprenditoriale però fatica oggi a trovare in Romagna il credito per sostenerla. Secondo lei le banche del territorio sono in grado di dare valore ai progetti?
“Fanno ancora fatica. È tempo di far capire agli istituti bancari che se un’azienda ha una progettualità che dimostra di essere sostenibile e affidabile, piuttosto che investire in fideiussioni immobiliari è bene che investano nei business-plan validi degli imprenditori del territorio. In passato si tendeva a dare credito alle imprese che davano garanzie immobiliari. Bisognerebbe invece allinearsi ai paesi più avanzati e avere banche disponibili a investire, magari con partecipazione al capitale, sulle idee. Siano esse di start-up o di imprese storiche”.
Come vi relazionerete con i Tecnopoli romagnoli?
“Ogni Tecnopolo ha le sue specializzazioni, quindi è importante non limitarsi a interagire solo con quelli di Rimini e Forlì, dobbiamo spaziare nella rete regionale. Per essere riempiti di contenuti, bisogna che le imprese investano su di essi. Capisco che essendo queste prevalentemente piccole abbiano poche risorse per farlo. Le Camere e la Regione le aiuteranno. Sostenere la ricerca che si fa in questi spazi è importante per le piccole e medie imprese. Non devono essere solo le grandi industrie a farla”.
Capitolo Turismo. In Romagna questo non decolla mentre a Barcellona ci sono state proteste per i troppi visitatori. Cosa non sta funzionando?
“Dobbiamo ragionare non più sulle singole destinazioni, ma sviluppare un brand di territorio, come del resto sta facendo APT. Occorre lavorare nell’integrazione tra alberghi, iniziative di carattere storico-culturale, sportivo e creando esperienze sui cibi. Il turista di oggi fa soggiorni brevi. In questi pochi giorni tutto il territorio deve risultare attrattivo e non dobbiamo guardare solo al mare. Abbiamo un fattore importante da giocarci: l’entroterra con la sua tradizione enogastronomica”.
Concludiamo con Ravenna. Perché non si unirà al progetto della Romagna ‘bassa’?
“In questo momento un’unione non è possibile per le diverse caratteristiche degli ambiti territoriali. Ogni Camera, ad esempio, ha le sue partecipate. Ma il fatto che vengano costituite due Camere non toglie che queste possano lavorare in sinergia in ambiti come il turismo, la ricerca, l’internazionalizzazione e le start-up”.
di Mirco Paganelli