I risparmi di una vita investiti in azioni e obbligazioni volati via. Con il crac di Banca Marche. Il disastro di questo istituto di credito, avvenuto insieme a quello di Banca Etruria, CariChieti e Cari-Ferrara – coinvolge centinaia di risparmiatori in Alta Valmarecchia dove la Banca è da tempo di casa. Ma si calcola che siano un migliaio i riminesi rimasti intrappolati nel crac in tutta la provincia dove sono presenti una decina di filiali di Banca Marche. Molti sono pensionati. C’è chi ha visto diventare carta straccia anche 50 mila euro, perfino 200.000 euro.
Al tema il mensile TRE in uscita con ilPonte la prossima settimana, dedica un ampio approfondimento.
Quale tutela? Il team di avvocati predisposto da Federconsumatori Rimini fa il punto. “Valuteremo ogni singola posizione. – spiega Sara Forasassi – Dobbiamo capire quante persone sono rimaste vittime e se ci sarà la possibilità, in base a ogni singolo caso, di fare ricorso e chiedere i danni all’istituto di credito”.
“Diversi risparmiatori della provincia chiamano i nostri uffici, per sapere come muoversi. – aggiunge il presidente degli azionisti di Banca Marche, Bruno Storari – Molti sono pronti ad affilare le armi. Ma i margini per la restituzione, anche parziale, del denaro perduto, sono residui”.
La Federconsumatori suggerisce di richiedere alla banca tutti i documenti firmati e di sottoporli al proprio legale di fiducia o al proprio team di avvocati. Il presidente Enrico Pecorari mette anche in guardia i cittadini da chi paventa azioni di gruppo. “Nessuna class action è concretamente attuabile: sono tutti casi che vanno valutati singolarmente. Stiamo valutando la possibilità di scendere sul penale perché da parte delle banche ci sono state mancanze gravissime”.
Sul tema scende in campo anche Lega Consumatori Acli. “Riteniamo che possa essere attivata un’azione a favore di tutti coloro che sono interessati da questa vicenda – spiegano gli avvocati Emanuele Magnani e Alessandro Totti – innanzitutto per ottenere tutte le informazioni e i chiarimenti del caso, e poi per essere assistiti e rappresentati nelle trattative, o, in un’ultima istanza, nelle cause, volte a ottenere un risarcimento dei danni subiti. Vi sono numerosi responsabili in queste vicende, dagli ex vertici delle Banche interessate, sino agli organi di vigilanza”.
Le conseguenze del salvataggio interbancario. Dopo la grave crisi ed il fallimento di Banca Marche, CariFerrara, CariChieti e Banca Etruria, sulle cui ceneri sono nati quattro nuovi istituti ripuliti dei crediti inesigibili, il governo ha varato un “fondo di solidarietà” da 100 milioni di euro, alimentato non da denaro pubblico bensì dalle banche italiane tramite il Fondo interbancario di tutela dei depositi istituito in base ad una direttiva europea. Il fondo verrà in soccorso solo di persone fisiche, imprenditori individuali e agricoli e non di società che avessero investito in obbligazioni subordinate (scheda a fianco).
Secondo l’economista Leonardo Becchetti (Università Roma Tor Vergata) intervistato dall’Agenzia Sir, l’intervento del governo è stato provvidenziale.
“Ha evitato che possessori di obbligazioni ordinarie e correntisti per la quota di deposito superiore ai 100mila fossero coinvolti. E si è evitato questo grazie ad una ‘colletta’ delle altre banche che hanno versato tre anni di quote dovute al fondo di garanzia, costruito per far fronte a problemi di questo tipo”.
Non è dello stesso avviso Nazzareno Gabrielli, vicedirettore generale di Banca Etica.
“Il fondo di risoluzione varato col decreto «salva banche» dovrebbe servire per risolvere (ma non è questo il caso) le crisi di banche sistemiche, il cui fallimento metterebbe a rischio il sistema. Le banche – le altre banche, tutte e non solo quelle ‘sistemiche’ – sono già state chiamate a versare la loro prima quota a questo fondo, ma il decreto impone dei versamenti aggiuntivi per costituire la provvista necessaria al salvataggio. Banca Etica ha versato 130.000 euro ma dovrà aggiungerne altri 350.000 quest’anno e 390.000 l’anno prossimo. Costi secchi, quindi minori utili. Quasi un milione di minor capitale in due anni si traduce in 12 milioni di credito in meno. Equivale a minori risorse per lo sviluppo e la crescita dell’economia reale (complessivamente 3 miliardi necessari al salvataggio significano 24 miliardi in meno di possibili crediti)”.
Secondo Gabrielli da questa vicenda perderanno tutti i risparmiatori.
Perché a pagare sono azionisti e possessori di obbligazioni “subordinate” e non i vertici delle banche, che hanno provocato le perdite?
“Ogni attività economica porta con sé un rischio – spiega Becchetti riferendosi agli investimenti dei risparmiatori traditi – Chi finanzia attività economiche con azioni e obbligazioni deve sapere che corre un rischio. I veri errori sono due. Se chi ha venduto il prodotto non ha avvisato correttamente del rischio. E se chi ha comprato non ha diversificato il suo portafoglio. Non si puntano tutti i propri averi su un solo cavallo. La diversificazione del rischio è il principio basilare dell’investimento. Purtroppo il livello di educazione finanziaria del Paese è molto basso. E oggi è nostra responsabilità di cittadini avere un livello di educazione finanziaria più elevato. I risparmiatori trovano normale andare a chiedere consiglio sugli investimenti a un dipendente di una determinata banca come se parlassero con il loro padre spirituale. Muovere verso consulenti indipendenti è fondamentale”.
A cura di Alessandra Leardini