Li chiamano “bamboccioni”; dicono che sono passivi, indifferenti, schizzinosi… sono questi i giovani d’oggi?
Una recente ricerca, Rapporto giovani 2013, smentisce questi stereotipi e “provoca” genitori, insegnanti, educatori a mettersi in ascolto dei giovani che non vogliono più essere spettatori, ma protagonisti.
L’Istituto “Giuseppe Toniolo”, con la Fondazione Cariplo e l’Università Cattolica, ha istituito un osservatorio permanente sulle nuove generazioni in Italia e ha pubblicato il suo primo rapporto sul mondo giovanile. Più di 9000 persone, dai 19 ai 29 anni, residenti in Italia, sono state prese in esame per “capire chi sono veramente i giovani, cosa si propongono, in cosa hanno fiducia, che sentimenti nutrono nei confronti della politica e dell’impegno pubblico, quali progetti hanno circa la famiglia, la professione e il proprio futuro”.
I risultati della ricerca, pubblicati dall’editrice Il Mulino, sono stati presentati a Rimini, venerdì 11 aprile nell’aula magna dell’Università, dalla professoressa Paola Bignardi, coordinatrice del “Progetto Giovani” dell’Istituto “Toniolo” di Milano. L’iniziativa è stata promossa dal Centro Culturale Paolo VI di Rimini.
“L’indagine mette in evidenza non solo i desideri e le caratteristiche di questi Giovani 2013, ma anche le risorse e i talenti che possiedono e dei quali sono consapevoli, oltre ovviamente alle loro fragilità – premette Paola Bignardi. – I temi che sono stati affrontati sono quelli fondamentali della vita di una persona: l’esperienza formativa, il lavoro, il rapporto con la famiglia, il futuro, la fiducia, la dimensione religiosa, la percezione della Chiesa e l’insieme dei valori e delle aspettative che confluiscono nel progetto di vita di un giovane”.
Quali sono i temi e gli aspetti più interessanti della ricerca?
“Il primo è quello dell’autonomia – evidenzia la professoressa Bignardi -. I giovani desiderano essere autonomi. L’85% vorrebbe autonomia, soprattutto rispetto la propria famiglia, per mettersi alla prova con se stessi, e il 57% per non sentirsi più un peso. Questo desiderio di autonomia si scontra però con una realtà che vede l’Italia come uno dei Paesi in cui l’età di uscita dalla famiglia è tra le più ritardate, in una situazione di precarietà del lavoro”.
La percentuale dei giovani disoccupati in Italia è tra le più alte in Europa. Sono veramente così “schizzinose” le giovani generazioni nei confronti del lavoro?
“Il 90% dei giovani vede il lavoro come luogo di impegno e come mezzo di autorealizzazione. Oggi questa aspirazione è però frustrata dalla realtà, tuttavia, pur di impegnare le loro risorse in ambito lavorativo, molti si adattano a una retribuzione insoddisfacente e a svolgere un’attività che non è coerente con il proprio percorso di studi. Mostrano una capacità di adattamento che si manifesta anche nel dare la propria disponibilità, superando il 50%, per trasferirsi all’estero pur di trovare una occupazione”.
Determinante per i giovani è senz’altro la famiglia.
“Per oltre l’80% è il luogo dove ciascuno può esprimere se stesso e manifestare il proprio pensiero e al tempo stesso nella famiglia si apprendono i valori della società in cui si vive. Le risposte evidenziano la famiglia come il luogo dove s’impara a vivere, il luogo degli affetti e dove ciascuno può sentirsi se stesso”.
Un tema molto importante è quello della fiducia che si dà alle persone.
“Al primo posto c’è la mamma e nelle prime sei risposte, con maggiori consensi, ci sono persone che appartengono al mondo personale degli affetti. La prima figura che non appartiene a questo mondo è papa Francesco. Mentre come ultima scelta si trovano i politici italiani e, in generale, tutte le figure istituzionali godono di un basso tasso di fiducia”.
Credenti ma poco praticanti
E la dimensione religiosa?
“L’indagine ci dice che i giovani italiani non sono atei ma poco praticanti. Circa il 56% afferma di credere nella religione cristiana cattolica, ma questa dimensione religiosa non si esprime nelle forme tradizionali perché solo il 15% dichiara di frequentare i riti religiosi ogni domenica. C’è una sensibilità religiosa che non trova nell’esperienza codificata e strutturata della comunità cristiana il modo di identificarsi e di esprimersi”.
Quale giudizio sulla Chiesa?
“Molti aspetti spirituali e pochi legati alla vita, tra le note critiche rivolte alla Chiesa, oltre ad un linguaggio e ad uno stile lontano dai giovani. Tra gli aspetti positivi s’incontra l’attenzione della Chiesa nei confronti dei giovani, la ricerca del bene comune, l’uso dei nuovi mezzi di comunicazione, e la Chiesa è riconosciuta come una forza propositiva nei confronti del Paese. Complessivamente l’atteggiamento nei confronti della Chiesa non è di grande entusiasmo mentre Papa Francesco riscuote un grandissimo interesse. Il 91,5% dice che è una persona di grande capacità comunicativa che ispira simpatia. È una persona di cui hanno fiducia (71%) perché ha una forte attenzione ai poveri, ai problemi sociali, alla pace e al dialogo con le altre religioni”.
Sfiducia e scetticismo invece nei confronti della società e delle istituzioni.
“Chiamati a dare un voto di tipo “scolastico” (da 1 a 10) nessun soggetto arriva alla sufficienza. Prima, con cinque e mezzo, la scuola insieme all’università, mentre la Chiesa cattolica si colloca a metà e all’ultimo posto si collocano i partiti politici.
La partecipazione sociale e politica è scarsa, ma non è esclusa”.
Sotto esame anche l’Unione Europea.
“La maggior parte dei giovani ritiene l’Europa un insieme di parametri finanziari e di vincoli burocratici, ma l’operato dell’Unione Europea non viene considerato negativo, nonostante la stagione di euroscetticismo che stiamo vivendo. Il continente europeo non è visto come un vincolo, ma un’opportunità per lo studio e il lavoro; inoltre la mobilità dei popoli da altri continenti verso l’Europa viene considerata una risorsa dalla maggioranza dei giovani”.
Francesco Perez