Nei giorni scorsi l’Unicef ha pubblicato, trionfante, il suo Rapporto annuale sull’infanzia. Trionfante perché dal 1990 il numero di bambini sotto la soglia dei 5 anni che muore è drasticamente diminuito. Lo si deve ai progressi nel campo delle vaccinazioni, della salute, dell’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari. Me ne sono subito rallegrato. Poi ho continuato a leggere e il mio umore è ben presto cambiato. Solo poche righe dopo un accenno: nel 2012 sono morti per “cause prevenibili” 6 milioni e 600 mila bambini sotto i 5 anni. Cause prevenibili? Se un nostro bambino ha fame gli diamo frutta o una merendina; se ha sete apriamo il rubinetto; se soffre di broncopolmonite lo portiamo all’ospedale. In questo modo dopo un po’ non ha più fame, né sete, né broncopolmonite. Invece il Rapporto dice che ogni anno per queste cause “prevenibili” oltre 6 milioni di bimbi piccolissimi muoiono. Sono quasi 18.000 al giorno, 13 ogni minuto, 13 mentre abbiamo letto a voce alta queste prime righe dell’articolo. I numeri non dicono nulla, ma se ognuno di noi pensa per un attimo ad un bimbo con meno di cinque anni che ama, che ha un nome, un figlio, un nipote, un fratellino, allora forse il dramma prende carne. È una cifra enorme, ma quel che impressiona, a ben vedere, è che nessuno si scandalizza più di tanto di ciò.
Qualche giorno fa abbiamo celebrato, giustamente, la Giornata della memoria, per non dimenticare che 6 milioni di ebrei sono stati condannati dalla follia nazista e razzista in pochi anni a morire di fame, sfruttamento, violenza, solo perché erano ebrei. Anch’io l’ho fatto con i miei giovani in una Veglia di grande impatto, che mi auguro non solo emotivo. Ma contemporaneamente accettiamo, con tranquillità, che lo stesso numero di persone muoia in un solo anno, ogni anno, solo per la colpa di essere bambini! Nessuno si preoccupa di creare una giornata della memoria per loro. Sarebbe troppo scomoda e ci obbligherebbe a cambiare completamente il nostro modo di vivere. E alle parole scomode proprio il Papa ha dedicato un capitoletto della sua esortazione: “Quante parole sono diventate scomode per questo sistema! Dà fastidio che si parli di etica, dà fastidio che si parli di solidarietà mondiale, dà fastidio che si parli di distribuzione dei beni, dà fastidio che si parli della dignità dei deboli, dà fastidio che si parli di un Dio che esige un impegno per la giustizia. La comoda indifferenza di fronte a queste questioni svuota la nostra vita di ogni significato”. Sarà Francesco che ci spingerà alla “memoria” di tanti bimbi immolati sull’altare delle moderne economie?
Giovanni Tonelli