Si è conclusa la serie di incontri in undici zone della Diocesi, promossi da Caritas diocesana sul tema dell’immigrazione. Il ciclo, avviato il 17 novembre, ha visto una larga partecipazione dei volontari dei Centri di ascolto e delle Caritas parrocchiali, e in diversi casi, anche degli operatori pastorali della catechesi e della liturgia. Complessivamente oltre 200 persone.
Il direttore don Renzo Gradara e i membri del laboratorio diocesano avevano preparato dal tempo gli incontri in collaborazione con l’Osservatorio diocesano sulle povertà, chiedendo la preparazione di schede conoscitive della situazione dei diversi territori; sia rispetto alle molteplici nazionalità e religioni presenti, sia rispetto al grado di integrazione sociale e, ove possibile, religiosa degli immigrati.
Dalla ricognizione e dai dati disponibili, ogni comunità parrocchiale era infine sollecitata a narrare le iniziative finora attivate e a valutare le proposte elaborate da Caritas diocesana, nonché le esperienze in corso.
Tra gli scopi degli undici incontri vi era quello di favorire la messa in comune delle conoscenze tra le parrocchie di territori omogenei e contigui e il reciproco aiuto nell’individuare i percorsi pastorali possibili.
L’esito di questo rapido, ma intenso viaggio dentro il mondo cattolico della solidarietà ha messo in luce la capacità delle parrocchie, che si sono dotate del servizio Caritas, di costruire rapporti autentici e, con il trascorrere del tempo, solidi con molte etnie e comunità straniere, costituendo spesso la risposta più seria non solo ai bisogni primari, ma anche all’esigenza di relazioni umane che vadano oltre la propria cerchia etnica o religiosa. Le linee di fondo che ispirano gli interventi delle Caritas tengono conto non solo delle differenze ambientali degli insediamenti, ma anche delle diverse culture presenti.
Le differenze ambientali hanno stretta attinenza con la maggiore o minore durata degli insediamenti; le parrocchie del forese prossime alla città capoluogo e alcune parrocchie di Rimini a monte della ferrovia possono confrontarsi con nuclei famigliari più stabili di quelli della fascia costiera. Si può dire che le famiglie o le persone con alle spalle 10-15 anni di residenza si siano gradualmente aperte, indipendentemente dalla religione professata.
In questo senso la relazione di aiuto con le madri, vuoi albanesi o romene, o latinoamericane, vuoi nordafricane non conosce significativi ostacoli. Anzi è stata la scelta di occuparsi dei bambini neonati o in età prescolare ad aprire gli spazi di incontro e graduale integrazione. Rimanendo nell’ambito delle fasce giovanili va rilevata la fruttuosa esperienza offerta dagli oratori, sia durante l’anno scolastico, sia soprattutto in estate.
I ragazzi e le ragazze stranieri sono accolti e si sentono accolti, offrendo a loro volta i primi esempi di animatori fra le proprie fila. Chiaramente è questo il campo su cui va concentrata la nostra riflessione, poiché il numero dei ragazzi e delle ragazze è in aumento, come dimostrano i dati della scolarità.
L’efficacia dell’azione pastorale è naturalmente legata anche al grado di conoscenza della presenza straniera e su questo ci si è resi conto della necessità di produrre uno sforzo ulteriore, per arrivare a un’anagrafe degli immigrati. Oggi i dati sono in gran parte forniti dai centri di ascolto.
Le molte azioni positive non ci nascondono i rischi di forme di estraneità delle presenze di immigrati; molto dannose ai medesimi; ma alla lunga anche alla comunità intera. Dall’estraneità il passo verso l’esclusione e il pregiudizio si sta abbreviando.
È ad esempio la situazione delle presenze lungo la fascia costiera, da Viserba a Riccione, per passare da Bellariva, Rivazzurra e Miramare. Sono presenze in continuo movimento, dove i residence svolgono funzioni di smistamento e di parcheggio più o meno temporaneo. Sono presenze continue che trasformano i nuovi arrivati in irregolari, per i quali i centri di ascolto e le Caritas sono l’unica realtà strutturata di riferimento.
Eppure anche qui l’accoglienza può dare dei risultati; orientando le persone sui servizi presenti sul territorio, offrendo aiuti, pur limitati rispetto alle esigenze umane ed economiche.
In queste realtà funzionano i corsi di italiano, la distribuzione degli alimenti e indumenti; e le forme di solidarietà suggerita dai singoli casi.
Tocca alle comunità dei cristiani non limitarsi a delegare gli interventi ai volontari, ma sentirsi parte.
Si sono segnalati spunti di solidarietà da sviluppare maggiormente, come incontri conviviali o feste con espliciti inviti a immigrati i rapporti di collaborazione con i Quartieri.
In proposito merita di essere segnalata nell’incontro della zona di Viserba e Torre Pedrera la presenza di due consiglieri di quartiere e dell’assessore Biagini; non solo per l’attenzione da questi dimostrata, ma per quanto hanno voluto dire sul tema abusato della sicurezza.
L’assessore, in particolare, ha parlato di reati commessi dagli stranieri in calo e di una situazione sotto controllo.
Se tutto ciò è incoraggiante, non possiamo tuttavia nasconderci il persistere di un clima di diffidenza indotto dagli organi di informazione, anche locale che non aiutano quell’integrazione per cui molti volontari lavorano senza fare notizia.
Nella parte conclusiva di ciascun incontro il direttore di Caritas diocesana e i membri del laboratorio diocesano e gli operatori dell’Osservatorio sulle povertà hanno segnalato ancora una volta le iniziative pastorali consolidate verso le comunità straniere più numerose e le prossime iniziative comuni: la Mostra dei presepi dal mondo, a partire dal 6 dicembre al Palazzo del Podestà; la Messa dei popoli il prossimo 6 gennaio, Epifania presieduta dal Vescovo; il dépliant in dieci lingue sul senso del Natale; la Giornata mondiale delle migrazioni, domenica 11 gennaio, che vedrà le parrocchie protagoniste.
Massimiliano Filippini