Home Attualita Badanti sole e poco… curate: se questo è un lavoro

Badanti sole e poco… curate: se questo è un lavoro

Sette giorni su sette e almeno nove ore al giorno per soli 4 euro l’ora: la denuncia arriva dal rapporto nazionale “Viaggio nel lavoro di cura” dell’Istituto di ricerche educative e formative (Iref) promosso da Acli Colf.
Non è tutto: nell’assistenza a persone non autosufficienti, una badante su due è sola, inoltre le si delegano sempre più tutti gli aspetti di cura della casa, basti pensare che il 43,2% delle intervistate afferma di svolgere anche lavori per la famiglia di appartenenza della persona che assiste e, in un caso su quattro, senza che per questi compiti aggiuntivi venga corrisposta alcuna integrazione economica.

Qual è il problema principale che sta a monte di questi dati? Lo chiediamo a Viola Carando (nella foto Gallini), operatrice del servizio “L’assistente in famiglia” di Rimini.
“Spesso si fa ancora molta fatica a considerare il lavoro di assistenza alla persona una «vera professione» e dunque molte famiglie pensano di potersela cavare un «tot al kg». In maniera speculare, molte assistenti in cerca di occupazione non dimostrano quelle capacità e competenze richieste per stare sul mercato in maniera competitiva e credibile, ma si improvvisano”.

Quali sono queste competenze?
“L’assistenza domiciliare a persone non autosufficienti (ma anche a persone autonome) richiede professionalità, capacità di adattamento, sensibilità e sicuramente attitudine personale. Non è un lavoro per tutti. Un lavoratore con queste caratteristiche dovrà ricevere dal proprio datore di lavoro un inquadramento contrattuale e una retribuzione adeguata come da Contratto Collettivo Nazionale”.

Come risolvere le problematiche tra il datore di lavoro – la famiglia – e l’assistente?
“Si tratta di affrontare la questione con professionalità, equilibrio e chiarezza da ambo i lati mentre spesso fa comodo a entrambe le parti sorvolare su certe questioni, per trovarsi poi a litigare per incomprensioni o mancate promesse”.

Il vostro servizio in che modo cerca di agevolare questa relazione?
“Le famiglie che arrivano a noi attraverso il filtro del Comune di Rimini e dei Servizi Socio Sanitari, ricevono un appropriato orientamento in materia contrattuale e vengono invitate ad approfondire la questione economica con i patronati del territorio. Inoltre si dà loro ascolto e grande disponibilità al fine di comprendere le reali esigenze della persona da assistere. La famiglia viene informata e messa in contatto con tutta la rete dei servizi locali, dalle associazioni di volontariato ai Servizi pubblici. Durante il colloquio si tenta di comprendere il tipo di contesto familiare in cui verrà inserita la futura assistente e di concordare un mansionario dettagliato al fine di valutare e individuare con cura la persona più idonea. Non è un compito facile ma sono moltissimi gli incroci andati a buon fine in questi anni. La famiglia riceve una risposta in tempi brevissimi e la disponibilità degli operatori prosegue anche dopo l’assunzione”.

Quante famiglie si sono rivolte finora a voi?
“Quasi 900. Il nostro è un servizio attivo dal 2009 e completamente gratuito, che rappresenta una scelta molto precisa dell’amministrazione comunale. Uno strumento che ha l’obiettivo – unico nel territorio – di far coincidere il piano della legalità, della buona relazione e del rispetto degli impegni e dei diritti di ciascuna parte”.

Melania Rinaldini