Le luminarie delle vie cittadine, i servizi televisivi sui grandi alberi addobbati nelle grandi città del mondo, la pubblicità ci avvertono. Stiamo per girare l’ultima pagina del calendario del 2011. Siamo entrati in una di quelle rare ed obbligatorie fasi della convivenza civile in cui, per scambiarci gli auguri, tutti siamo tenuti a considerarci buoni. E soprattutto a ritenere buoni anche quanti per il resto dell’anno ci sembrano meritevoli di ben altra etichetta qualificativa.
Chiamale se vuoi convenzioni, frutto di una Buona Educazione che maschera le reciproche ipocrisie, e finge che tutto vada bene, Madama la Marchesa. Anche se la lista dei problemi è molto più lunga del catalogo amoroso del Don Giovanni di Mozart-Da Ponte. Tuttavia tra ossequi, inchini, riverenze da valzer viennese e baciamani da romanzi ottocenteschi, bisogna lasciare a noi stessi un piccolo spiraglio da cui far uscire un alito di verità, per quanto minuscolo, timoroso od indeciso.
Lasciatemelo dire, signora Italia (e scusino i lettori questo ”voi” con il quale mi rivolgo alla nostra Patria, che non ha nulla di nostalgico, ma è soltanto un piccolo tentativo di vedere dietro l’immagine simbolica di una figura, tutto l’assieme di noi che sul suo territorio vi abitiamo). Lasciatemelo dire, signora Italia: un dicembre che chiude le feste per i 150 anni della vostra Unità, una specie di ponte ideale tra Risorgimento, Resistenza ed Unione Europa, senza tante grida contro di voi, la vostra capitale, e quello strano impasto che è l’assieme di noi tutti oggi, italiani e stranieri, residenti ed ospiti, cittadini registrati e cittadini aspiranti; ebbene, un dicembre così calmo non ve lo sareste sognato, se non ci fosse stata questa crisi economica. Che ci spaventa, urta, agita.
L’avevamo sentita negare. L’abbiamo vista scoppiare tra le mani dei potenti e dei tecnici. E noi che non contiamo niente perché né potenti né tecnici siamo, abbiamo fiducia che ce la faremo ancora una volta, ricordando che i profeti di sventura non servono a nulla se non a far loro incassare lauti compensi prelevati dalle tasche comuni.
Auguri, Italia. Anche pensando egoisticamente a noi che non ci consideriamo figli né di un sobborgo paludoso né di un grattacielo illuminato. Ma gente semplice che non dimentica le ore peggiori vissute nel passato. Sono nato nel 1942, e fatto subito ”figlio della Lupa”. Poi fortunatamente hanno comandato gli Agnelli. [1060]
Antonio Montanari