“Attenzione ai minorenni: il divieto è facile da aggirare”

    Dal 18 luglio il poker in modalità “cash”, cioè con soldi veri, e i casinò online, sono gestiti dai Monopoli di Stato, secondo il decreto Abruzzo del 2009, a sostegno delle popolazioni terremotate, convertito in legge. Aumenteranno i rischi di diventare schiavi del gioco d’azzardo? Al Sert di Rimini c’è un’équipe formata da tre donne, che si occupa di dipendenze patologiche da gioco. I numeri sono in aumento, anche perché si tratta di una dipendenza trasversale.
    Da for fun (per divertimento), a real money, cioè con soldi veri. È questa la differenza fondamentale dal prima al dopo la conversione in legge del decreto Abruzzo del 2009. Fino a ieri, l’unica modalità di gioco consentita su internet era il poker sportivo: si pagava una quota d’iscrizione uguale per tutti (massimo 250 euro), c’era un montepremi e un certo numero di giocatori. Le fiches non avevano valore monetario. Nel poker in modalità cash, invece, la dotazione di fiches equivale ai soldi investiti cosicché averne 300 significa avere 300 euro. Il tetto massimo è di 1.000 euro a giocata, il minimo 50 centesimi. Poker cash e giochi da casinò online come roulette e black jack, a regime produrranno – secondo gli analisti – un giro d’affari di 18 miliardi in un anno, di cui 16,2 miliardi dovrebbero tornare nelle tasche dei giocatori. Avere questi giochi a portata di Pc aumenta il rischio della dipendenza patologica da gioco soprattutto tra i giovanissimi: bisogna avere 18 anni, ma sul web è facile mentire, basta registrarsi con il nome dei genitori e impossessarsi di una loro carta di credito. È uno dei casi affrontati dal Sert di Rimini che dal 2004 ha un’équipe per la dipendenza da gioco. Al primo posto ci sono le slot machines, poi i gratta e vinci, il gioco on line e le scommesse. Fino ad oggi si sono rivolte al servizio 165 persone (soprattutto nella fascia 30-39 anni per quanto riguarda l’on line).

    “E sono numeri in aumento – spiega Emma Pegli, educatrice del Sert Rimini per il settore dipendenza da gioco – spesso questa patologia è accompagnata da altre, nel senso che non è la diagnosi primaria, per alcuni soggetti spesso è accompagnata da problemi di alcol e droga. L’aumento del numero è dato dalla sensibilità e attenzione nei confronti di questo che non era visto come una patologia ma come un vizio”<+testo>.

    Quali sono i campanelli d’allarme? Da cosa si capisce se una persona è malata?
    “Quando da intrattenimento diventa un’ossessione – risponde Manuela Tattini, psicologa dell’équipe – quando arriva la perdita del controllo assoluto: il gioco diventa il primo pensiero della mattina e accompagna morbosamente la persona per tutto il giorno. Poi ci sono le conseguenze negative come la perdita di denaro, lo sgretolarsi dei rapporti familiari a causa dei contrasti che si creano per la continua mancanza di soldi, difficoltà ad andare a lavorare perché la testa è continuamente impegnata dal pensiero del gioco che ti rovina la vita”.

    La compromissione economica è il primo segnale d’allarme.
    “La persona chiede continuamente prestiti, mente sul fatto di non aver ricevuto lo stipendio, continua a giocare contraendo debiti, prima con amici e parenti poi chiedendo prestiti anche in banca. Per noi inoltre, per capire il livello di patologia sono importanti i datori di lavoro. I giocatori patologici chiedono continui anticipi sullo stipendio. Anche se queste persone sanno perfettamente come funziona il gioco d’azzardo, continuano a giocare senza riuscire a fermarsi, che stiano vincendo o perdendo, finché non hanno perso tutto quello che potevano giocare. All’interno di questo cerchio se il giocatore perde, giustifica il suo gioco insistente col tentativo di rifarsi e sperando quantomeno di riprendere quanto perso; se vince, invece, si giustifica affermando che, essendo il suo giorno fortunato, deve approfittarne assolutamente”.

    Chi sono i soggetti che cadono nella dipendenza da gioco?
    “Questa patologia è trasversale nel senso che non colpisce solo particolari classi sociali – riprende la dottoressa Pegli – per giocare certo occorre avere un reddito e un lavoro stabile ma non è la condizione assoluta. Può infatti anche capitare che una persona che non ha mai giocato, casualmente incontri il gioco, vinca, e di lì sviluppi una dipendenza. Come la signora che va a giocare al lotto o al gratta e vinci: abbiamo pazienti che si comprano blocchetti interi di gratta e vinci. Questo del gioco online è un ulteriore tassello che incrementa le possibilità di cadere nella patologia perché aumenta la possibilità di gioco. L’online riguarda un target giovane, soprattutto il poker, come quello texano (Texas Hold’em), del quale viene proposta un’immagine positiva anche dalla televisione, con i campioni che vengono presi come modello. Il fatto di poter giocare cash implica una perdita di denaro che il giocatore non accetta e che, per recuperare i soldi persi, lo spinge oltre le sue possibilità, in un meccanismo di recupero che invece si traduce in perdita. È il meccanismo che li tiene agganciati al gioco”.

    Il limite di età è 18 anni. Ma sul web è facile mentire.
    “Il divieto di gioco ai minori di 18 anni può essere facilmente aggirato. Noi abbiamo visto ragazzini di 16 anni che, all’insaputa dei genitori, hanno usato i loro dati e le loro carte di credito per poter giocare. C’è poi il discorso dell’invisibilità. Il giocatore cerca l’anonimato perché si vergogna. Giocare a casa, da soli, quando nessuno ti vede, senza persone che ti possano porre limiti: è ancora più facile perdere il controllo”.

    Si guarisce da questa patologia?
    “Si guarisce. Dalla nostra esperienza abbiamo visto che se ne esce. Noi abbiamo creato questa équipe all’interno del Sert. L’aiuto della famiglia è essenziale. Infatti c’è una fase molto importante di lavoro in cui c’è la famiglia, intanto perché c’è questo problema economico prevalente, perché le persone che vengono qui veramente hanno delle perdite economiche enormi, si va da 30 mila a 100 mila euro ad interi patrimoni. Bisogna che la famiglia gestisca questo aspetto economico in modo da stabilire delle regole precise e ristabilire la situazione. Le persone che si presentano qui, arrivano tramite le famiglie che scoprono gli ammanchi economici”.

    Lucia Renati