Asp, “serve più professionalità”

    Il futuro delle case di riposo e dei servizi socio-assistenziali e sanitari rivolti alla terza età si cela nelle “stanze dei bottoni” della Regione. Come il Ponte ha già annunciato nelle precedenti puntate, la trasformazione delle vecchie Istituzioni di Pubblica Assistenza e Beneficenza (Ipab) nelle attuali Aziende pubbliche di Servizio alla Persona (Asp) su applicazione della legge regionale del 13 marzo 2003, ha portato ad un quadro tutt’altro che limpido e definitivo. In altri termini, molto del welfare riminese attuale potrebbe ancora cambiare in base a quanto deciderà la Regione e a quanto, soprattutto, si adegueranno le realtà coinvolte.
    Dopo la legge sulla fusione delle Asp (all’inizio una sola per distretto sanitario, ma la sensazione anche nel Riminese è che per parecchi anni ancora non sarà così) e la normativa sull’accreditamento dei servizi (l’art. 23 della LR 4/2008, che prevede per aziende pubbliche ma anche realtà private l’autorizzazione ad operare solo in presenza di determinati requisiti, primo tra tutti la gestione totalmente interna del personale) la Regione sta preparando nuove regole anche per quanto riguarda l’uniformazione delle tariffe di servizi e strutture. Tariffe stabilite in base al differente grado di qualificazione e assistenza, ma comunque sempre secondo criteri oggettivamente difficili da quantificare.
    Tutti aspetti che suscitano qualche perplessità tra le realtà coinvolte, anche nella nostra provincia.

    Fusioni slittate
    Sullo slittamento della fusione (prevista entro il 31/12/2009) delle due Asp oggi attive nel distretto Nord, Valle Marecchia e Valloni, il Ponte ha già scritto: la decisione è stata rimandata di due anni ufficialmente per dare modo ai 7 comuni neo-riminesi dell’alta Valmarecchia di adeguarsi alla situazione emiliano-romagnola. Del resto dal territorio ex pesarese entrerebbero a far parte della medesima “partita” una casa protetta da 18 posti di Novafeltria, una Rsa ancora in costruzione da 40 posti, sempre a Novafeltria, un gruppo appartamento a Pennabilli e una casa protetta di Sant’Agata da 40 posti.

    Stop agli appalti
    Altre perplessità riguardano quell’aspetto della normativa che impedisce alle Asp e a qualunque realtà pubblica o privata che gestisca servizi di assistenza domiciliare, case protette, Rsa per anziani non autosufficienti, centri diurni assistenziali, centri socio-riabilitativi residenziali o semiresidenziali per disabili, di affidare servizi a terzi.
    Una rivoluzione se consideriamo la realtà attuale. Dei circa 100 operatori oggi impiegati dall’Asp Valle Marecchia nelle varie strutture, solo 16 sono assunti direttamente dall’azienda, gli altri 84 lavorano per due cooperative, l’Aquilone (di San Mauro Pascoli) e la Ancora (bolognese). Dei 160 addetti utilizzati dalla Asp Valloni, 43 sono interni e ben 117 della cooperativa Elleuno (piemontese). Gestire tutto il personale internamente vorrebbe dire, secondo quanto riferito dalle due Asp, aumentare notevolmente i costi di gestione, con inevitabili ricadute sui bilanci e sulle rette.

    Rette: oggi e domani
    A proposito di rette. Per contenere aumenti ingiustificati e mettere ordine nel settore, la Regione sta formulando delle tariffe-base uniformi a seconda del tipo di prestazione e di servizio forniti. Secondo indiscrezioni, queste dovrebbero viaggiare dai 75 ai 90 euro al giorno per persona (mettendo insieme quanto versato direttamente dalle famiglie e quanto corrisposto dall’Ausl, poco più del 40%) e nel caso specifico di una casa di riposo, dagli 80 agli 85 euro in media.
    Attualmente l’Asp Valle Marecchia applica nelle strutture di Santarcangelo (una casa protetta da 52 posti, un centro diurno da 10 posti, una residenza protetta da 9) e in quelle di Verucchio (una Rsa da 40 posti, un centro diurno da 10, una casa protetta da 30, due posti in un gruppo appartamento e altri due in una casa di riposo) una tariffa unica da 46,14 euro al giorno, considerando solo la somma versata direttamente dalle famiglie. Facendo i calcoli si arriva a 1.384 al mese.
    L’Asp Valloni invece chiede per la Rsa (44 posti) 47 euro al giorno (1.410 al mese), per la casa protetta (due strutture da 68 e 20 posti) 47 euro, per il centro diurno da 25 posti 27 euro.
    A confrontare le rette attuali con i tetti che, probabilmente, verranno stabiliti dalla Regione, i dubbi non mancano. Anche perché – dicono dalle cooperative che oggi gestiscono i servizi – con una gestione interna del personale i costi potrebbero aumentare di almeno il 30% e potrebbe essere molto difficile mantenere le rette ai livelli attuali.

    Pensionati: “più efficienza”
    Dalle tre organizzazioni sindacali però guardano con speranza alla normativa. Il messaggio, arrivato con una nota stampa firmata a sei mani, è chiaro: le cose, così come stanno oggi, vanno cambiate.
    La prima speranza di Cgil, Cisl e Uil e delle rispettive delegazioni Spi, Fnp e Uilp per i pensionati e Fp, Fps e Fpl (lavoratori della sanità) è che i Comuni del distretto Nord non facciano dietrofront sulla fusione delle due Asp. “Procrastinare i tempi di fusione – si legge in riferimento allo slittamento a fine luglio 2011 – ci trova contrarie anche perché si sovverte un percorso concertato e condiviso a tutti i livelli istituzionali”. E circa la presenza nel distretto Nord di due Asp “per il mantenimento – attaccano – di una rendita di posizione campanilistica e conservativa” assicurano: “Contrasteremo con forza e determinazione queste iniziative che tendono a moltiplicare i centri di spesa e impediscono sinergie comuni”. “Il nostro desiderio – auspicano dalla Federazione Nazionale Pensionati della Cisl – è che con la fusione delle due Asp si ammortizzino i costi e si abbassino le rette, oltre a dare un maggior ordine ai servizi, oggi gestiti non ovunque con la stessa professionalità”.
    Abbassare le rette dunque, anche perché 1.300-1.400 euro mensili per una famiglia costretta a lasciare il proprio caro in una casa di riposo, non sono proprio noccioline. Dalla Spi Cgil però non puntano il dito sulle rette che, dicono, “restano tra le meno care in regione”, ma piuttosto sulla qualità del servizio e sull’affidamento alle cooperative: “Non è possibile – lamentano – che ben due terzi del personale sia gestito in cooperativa: si corre il rischio di un alto turn over degli operatori assistenziali all’interno delle strutture”. Mal visto anche il fatto che spesso e volentieri si affidano i servizi a realtà non riminesi: “La Regione deve mettere dei paletti, ben venga una maggiore razionalizzazione nell’utilizzo del personale”.
    Il costo però rimane, e per gli utenti è piuttosto alto. “La nostra richiesta – auspicano dalla Fnp Cisl – è che venga ridotta la quota a carico delle famiglie rispetto ai contributi pubblici: cosa possibile solo con l’aumento del Fondo nazionale per la non autosufficienza”.

    Alessandra Leardini