E’ sorprendente come talvolta l’antichità riesca a consegnare al presente frammenti di memoria che nella loro immediatezza appaiono reminiscenze di un passato indecifrabile e irraggiungibile, riconducibile a eventi o personaggi mitici e leggendari, epopee o figure offuscate dal lungo e lento incedere del tempo. Queste memorie residuali, rimaste avvolte dalla più completa oscurità, hanno lasciato un’impronta indelebile nell’inconscio degli uomini e nel substrato delle tante civiltà vissute e sedimentate nella nostra terra, ed è straordinario come esse possano in qualche modo pervenire fino a noi attraverso frammenti storiografici di autori antichi.
Le domande centrali dell’approfondimento che stiamo sviluppando è, pertanto: è davvero esistito un re etrusco di nome Arimnestos? Ed è possibile che un tale personaggio abbia avuto a che fare con le nostre terre? Chi era? Quali furono le sue origini? Insomma, che cosa si sa di preciso su di lui?
Le ricerche e gli studi condotti in questi ultimi anni su certi luoghi della Romagna e alcune considerazioni che mettono in relazione diversi punti interrogativi che vi si riferiscono, sembrano sempre più orientati a far risalire le origini di questo misterioso personaggio in una zona ben circoscritta della Romagna sud-orientale, entro un territorio che si pone a cavallo delle province riminese e cesenate, in paesi come Verucchio, Poggio Torriana, Coriano, San Giovanni in Galilea, Borghi e Sogliano al Rubicone.
Ha così inizio un viaggio lungo e complesso, ma anche molto suggestivo, da percorrersi in senso inverso, ovvero dalle significative tracce archeologiche e storiografiche attestate in Grecia, alle straordinarie testimonianze archeologiche, glottologiche e iconografiche lasciate dagli Etruschi in terra di Romagna.
Viaggio in Grecia
In un conciso ma preciso passo della sua opera più conosciuta, la Periegesi della Grecia, Pausania, celebre geografo greco vissuto nel II secolo d.C., recita: “Gli ex voto che si trovano all’interno o nel pronao sono i seguenti: un trono di Arimnestos che regnò sui Tirreni, il quale per primo fra i barbari offrì un ex voto allo Zeus di Olimpia…”. Siamo dunque in Grecia, a Olimpia, sede del santuario più celebre del mondo antico, intitolato a Zeus (foto in basso). Olimpia, con l’agorà e suoi splendidi monumenti, sede dei giochi olimpici panellenici. Prima di entrare nel tempio di Zeus, però, ricordiamo che oltre a questa notazione di Pausania esistono altri documenti e testimonianze epigrafiche che celebrano doni votivi e quindi attestano la frequentazione di Etruschi e di altre popolazioni italiche nei santuari ellenici. A Olimpia se ne conoscono almeno due ed entrambi grazie alla testimonianza di Pausania: la statua bronzea di Zeus offerta dai Siculi di Ibla e, per l’appunto, il trono offerto da Arimnestos. Trono che viene citato dagli studiosi sempre di buon grado e, sovente, in una veste non priva di suggestioni, mentre si è invece sempre sorvolato su quello che, a rigor di logica, è il dato essenziale che ne caratterizza la sua vita di oggetto votivo ed encomiastico, ossia il luogo e i tempi della sua esposizione laddove lo vide Pausania. Fortuna vuole che in questo caso le ricerche archeologiche possano fornire un puntuale contributo per la contestualizzazione e la datazione del prezioso reperto, del quale purtroppo non è sopravvissuta alcuna traccia.
Stiamo per trasferirci nella Romagna etrusca, dove le straordinarie scoperte registrate negli ultimi decenni hanno reso ancor più suggestivo e per certi versi complesso il caso fin qui delineato che vede protagonista Arimnestos.
Viaggio in Romagna: le fonti etimologiche
Salpando dalle coste del Peloponneso orientale e risalendo la penisola greca navigando verso nord a ridosso della costa, si toccano i litorali di Zacinto, Cefallenia e Leucade, fino ad approdare a Corfù, l’antica Corcyra, presso la quale occorre ormeggiare per una sosta obbligata prima di procedere con l’attraversamento dell’Adriatico. Raggiunta la costa orientale della penisola italiana si può ripartire verso nord costeggiando il litorale fino a doppiare il Conero, presso il quale sorge Ancona, per attraccare infine sulle coste della Romagna sud-orientale, alla foce del fiume Marecchia, proprio in corrispondenza di Rimini, l’antica Ariminum romana. Da qui si comincia a navigare controcorrente il Marecchia, verso l’interno, fino alla prima strozzatura del suo corso che si compie alle pendici dell’altura dove sorge l’antico borgo medievale di Verucchio, dove adesso possiamo fermarci: un luogo dal grande impatto simbolico e ideologico, nonché di straordinario fascino.
Ora si pensi alla presenza di due termini: Ariminus, l’antico nome dell’odierno fiume Marecchia, che bagna Rimini, e Ariminum, che corrisponde all’antico nome latino della stessa città. Si parla di due nomi praticamente identici nella loro radice e forma (arim-), la cui derivazione etrusca è ormai ritenuta esente da dubbi. La cosa più interessante, però, è trovare il nome di una gens trasposto a un fiume e alla città gravitante su di esso, che oltretutto non costituisce una novità nel mondo etrusco: ne è prova il caso di Caecina (l’attuale Cecina), così denominato dalla famosa gens volterrana dei Kaikna. Tanto più che nel mondo etrusco periferico non mancano esempi di centri, anche di prima grandezza, denominati dal fiume vicino: è il caso, più a nord, dello Spinete a Spina e in Campania il Volturno (Volturnus), il fiume di Capua, l’antica Volturnum.
Se dunque Ariminum ha derivato il nome dal fiume Ariminus, è probabile che la stessa base onomastica abbia qualificato il centro etrusco sorto verso la fine del X o agli inizi del IX secolo a.C., sul colle dell’odierna cittadina di Verucchio, dove le evidenze archeologiche sono imponenti ed eloquenti. Naturalmente non si può avere la certezza assoluta che l’Arimnestos della dedica olimpica sia stato proprio un re di Verucchio; è però assai probabile che la gens cui egli apparteneva abbia avuto a che fare, in tempi verosimilmente protostorici, con l’etruschizzazione del riminese, e in particolare della valle del Marecchia, lasciandovi impresso per sempre una traccia rilevante della propria presenza, cioè il nome del fiume Ariminus. Un elemento degno di nota è il fatto che “Arimnestos” non risulta attestato epigraficamente in alcun altro luogo, ed è ancor più singolare che sia giunto fino a noi attraverso il nome del personaggio che regnò fra i Tirreni indicato dal greco Pausania. Il caso di Arimnestos, dunque, fa pensare a una testimonianza isolata proprio poiché attesta che il nome appartiene a una gens di altissimo rango, precocemente estinta, a giudicare dal silenzio epigrafico. (1-continua)
Andrea Antonioli